di Silvia Morosi
Il report della Lega Antivivisezione dopo avere consultato i dati pubblicati in Gazzetta Ufficiale. Secondo le statistiche, ogni anno, in media, circa 482mila cani, conigli, maiali, scimmie o topi sono utilizzati per test di laboratorio
Dal 2019 al 2022 sono quasi 2 milioni gli animali soppressi nei laboratori. È quanto emerge dai dati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n.158 del 08-07-2024 e visionati dalla Lega Antivivisezione. La media annuale continua a essere altissima e supera i 482mila individui utilizzati e uccisi per fini sperimentali. In particolare, si è passati da 548.933 animali nel 2019 – anno record – a 451.991 nel 2020, con una lieve flessione probabilmente legata all’emergenza Covid. Nel 2021 il numero ha nuovamente superato il mezzo milione, tornando a 512.296, mentre nel 2022 è sceso a 420.506.
Preoccupante il ricorso ai cani, specie particolarmente protetta e a cui si potrebbe ricorrere solo in condizioni eccezionali, con ben 2.323 cani uccisi dal 2019 al 2022 (qui la storia di Jordan, il beagle utilizzato nelle sperimentazioni farmaceutiche che ha trovato casa). Oltretutto tale specie è spesso utilizzata per test particolarmente invasivi di tossicologia, resistenza cardiaca e impianti o interventi dentali nelle ossa. Tali vincoli legali valgono anche per i primati, ma le statistiche mostrano come il numero di quelli sfruttati continui ad essere altissimo, nonostante non solo i limiti normativi, ma anche le comprovate vicinanze comportamentali con l’uomo: delle 1.579 scimmie impiegate nei test solo 16 provenivano da allevatori registrati in Unione europea, come richiesto dalla Direttiva dell’Unione europea, mentre tutti i restanti sono stati importati da Paesi poveri e noti per caccia illegale e devastazione delle aree boschive, come Asia e Africa e Sud-America.
Dei 1.933.726 animali uccisi ai fini della sperimentazione, solo il 28%, (691.014) è usato per fini regolatori, cioè per rispondere a obblighi di legge. Da questo importante dato la conferma di come si potrebbe, e dovrebbe, lavorare per un drastico numero di animali utilizzati nei laboratori. A essere inaccettabile, poi, prosegue la Lav, è la presenza di 5.017 animali ancora utilizzati per l’istruzione e la formazione, nonostante nel nostro Paese sia vietato utilizzare procedure didattiche su animali – in deroga solo per l’alta formazione universitaria – e sia vigente, già dal 1993, la legge sull’obiezione di coscienza alla sperimentazione animale. Infine, oltre il 50% degli animali viene impiegato per gli esperimenti più dolorosi, con sofferenza o angoscia intensi, come nel caso di fratture instabili, toracotomia senza somministrazione di analgesici, uso di gabbie metaboliche con limitazione grave del movimento per un lungo periodo, scosse elettriche o trapianti di organi con gravi effetti avversi dovuti al rigetto (tali esempi sono ripresi dal decreto stesso legiferante in materia). A questi numeri altissimi, «si aggiungono rinnovi di progetti che sono dei semplici copia-incolla dei precedenti senza le adeguate valutazioni sul rapporto danno-beneficio: il risultato è un sistema che utilizza e uccide centinaia di migliaia di animali ogni anno, oltretutto per dati non predittivi, come dimostra il fatto che oltre il 95% della sperimentazione animale fallisce se applicata all’uomo. È urgente una transizione della ricerca biomedica verso tecnologie basate su modelli human-based, non solo per salvare gli animali, ma anche per comprendere e curare le malattie che affliggono l’uomo», dichiara Michela Kuan, responsabile scientifico area ricerca senza animali Lav, rinnovando l’appello alla ministra dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, per chiedere che almeno l’1% dei fondi stanziati dal Pnrr sia destinato allo sviluppo e all’implementazione di modelli animal-free, perché l’unica vera scienza è quella senza animali.