La Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per il mancato allineamento alle direttive Ue in materia di caccia. Secondo Bruxelles «diversi atti legislativi italiani non sono conformi alla legislazione Ue», in particolare nei riguardi della Direttiva Uccelli e del regolamento Reach, che «limita l’uso di pallini contenenti piombo» per «proteggere gli uccelli acquatici, l’ambiente e la salute e umana».
La decisione arriva proprio mentre in Italia la commissione Agricoltura della Camera sta affrontando a tappe forzate la revisione delle norme sull’attività venatoria, tuttora riconducibili alla legge 157 del 1992. La nuova proposta di legge, che porta la prima firma del deputato leghista Francesco Bruzzone, eletto in Liguria e punto di riferimento per il mondo delle doppiette, punta ad allentare i vincoli per i cacciatori e ad allargare le maglie sull’utilizzo dei richiami vivi, affidando di fatto alle regioni la potestà legislativa in materia. Un precedente testo presentato dal senatore di FdI Bartolomeo Amidei aveva ipotizzato una vera e propria deregulation, con un estensione dei calendari, un aumento delle specie cacciabili, la possibilità di effettuare la caccia di selezione anche in zone dove normalmente non è possibile sparare (come aree urbane e aree protette) e arrivava pure a prevedere il rilascio della licenza ai 16enni. Sull’onda delle polemiche, soprattutto per quest’ultimo aspetto, la proposta di legge è stata però ritirata subito dopo la pausa natalizia.
La riforma è fortemente spinta da buona parte della maggioranza di governo, che nei cacciatori vede un proprio bacino elettorale di riferimento (il «derby» nella coalizione è soprattutto tra Lega e Fratelli d’Italia) e che ha bene in mente quanto una categoria tutto sommato compatta come quella dei cacciatori sia importante in vista delle Europee di giugno. Non è forse un caso che la commissione Agricoltura, presieduta da un altro leghista, stia procedendo in tempi velocissimi.
Alla proposta Bruzzone se ne contrappongono altre due, di segno diametralmente opposto: una avanzata da Michela Vittoria Brambilla, presidente dell’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali ed esponente del gruppo Noi Moderati, che pure fa parte della la maggioranza; e una dall’ex ministro dell’Ambiente Sergio Costa, generale dei carabinieri forestali prima del suo ingresso in politica nelle fila del M5S. Queste due proposte prevedono una riduzione dei calendari e degli orari di caccia e un aumento delle distanze minime da strade e abitazioni, quindi di fatto una limitazione all’attività dei cacciatori. Lunedì scorso i tre testi sono stati accorpati. Proprio in quell’occasione era stato fatto presente come le modifiche allo studio avrebbero potuto portare ad un intervento della Ue con l’avvio di procedure di infrazioni. Cosa che è avvenuta anzitempo, anche se ovviamente su norme precedenti. «Ma la sostanza non cambia — fanno notare i sostenitori delle proposte alternative —. Si vogliono introdurre cambiamenti a vantaggio di una minoranza che verranno poi fatti pagare a tutti i cittadini italiani» . «Se non c’è dibattito — puntualizza l’onorevole Costa — non c’è democrazia. Abbiamo chiesto una relazione al governo su vari aspetti del provvedimento e anche il parere del Cnel per un approfondimento tecnico giuridico sul profilo di costituzionalità. Non vorremmo che un contingentamento dei tempi fosse spinto solo da esigenze elettorali».
La procedura di infrazione è un atto autonomo della Commissione Ue, che esercita un potere discrezionale agendo di propria iniziativa o a seguito di segnalazioni da parte di gruppi parlamentari o di privati. Lo Stato membro che riceve la lettera di «messa in mora» ha due mesi di tempo per presentare le proprie osservazioni e replicare alle contestazioni. Qualora non risponda o dia risposte considerate non soddisfacenti,l la Ue può emettere un parere motivato con cui certifica l’inadempimento diffidando a porvi fine entro un dato termine. E qualora ciò non avvenga, la questione passa al vaglio della Corte di Giustizia dell’Ue, che ha sede in Lussemburgo, che può stabilire sanzioni economiche. Non si tratta di piccole contravvenzioni ma di un mix tra una somma forfettaria minima che per l’Italia è pari a circa 7 milioni di euro (l’importo è calcolato in base alla gravità dell’infrazione e al peso specifico dello Stato membro dal punto di vista del Pil e della rappresentanza nell’Europarlamento), a cui si aggiunge una penalità di mora che nel caso del nostro paese ammonta a poco più di 8.500 euro per ogni giorno di inadempienza . Sanzioni che ricadono sui conti pubblici e ma che dal punto di vista politico gettano sul Paese lo stigma dell’inadempienza e, di conseguenza, un minor potere contrattuale nelle sedi istituzionali.
Nel caso specifico, le violazioni contestate sono da un lato il fatto che «la legislazione italiana attribuisce alle Regioni il potere di autorizzare l’uccisione o la cattura di specie di fauna selvatica, anche in aree in cui è vietata la caccia, come le aree protette, e durante il periodo dell’anno in cui la caccia è vietata»; e dall’altro il non rispetto di quanto previsto dal regolamento Reach sull’uso del piombo nelle cartucce. Le norme introdotte da Lega e Fratelli d’Italia hanno infatti declassato la possibile ammenda in semplice sanzione amministrativa (da 200 a mille euro).
Alessandro Sala