Manovra 2025, gli emendamenti che riguardano gli animali e le novità per le spese veterinarie

Anche se non c’è ancora un testo definitivo della Legge di Bilancio 2025, sono diversi gli emendamenti presentati durante la discussione che riguardano gli animali d’affezione e introducono in Manovra molte novità riguardanti le detrazioni per le spese veterinarie.

Non c’è ancora un testo definitivo della Legge di Bilancio 2025, ma moltissimi sono gli emendamenti che riguardano gli animali d’affezione presentati dai parlamentari in queste settimane. Tra le misure più attese ci sono quelle relative alle detrazioni fiscali per le spese veterinarie che introducono un Fondo di solidarietà per chi vive con animali e l’aliquota agevolata per le cure.

Cos’è la Manovra 2025 e perché riguarda anche gli animali domestici
La Legge di Bilancio, o Manovra, rappresenta uno dei momenti più importanti per il Paese, dato che attraverso le voci di spesa è possibile comprendere quale sarà l’orientamento economico e politico dell’anno che sta per cominciare.

Anche questo disegno di legge deve attraversare l’iter di tutti gli altri e affrontare approvazioni, stralci e proposte di emendamenti in entrambi i rami del Parlamento, sia Camera che Senato. C’è però una differenza sostanziale: se la Manovra non dovesse essere approvata entro il 31 dicembre dell’anno in corso il Governo/Stato incorrerebbe nell’esercizio provvisorio, avrebbe ciò una ridotta capacità di gestire le risorse del proprio portafoglio.

Si tratta quindi del momento più importante per la vita finanziaria pubblica, con ricadute concrete sui cittadini. Per questo nelle settimane che precedono la fine dell’anno l’attività parlamentare è tutta tesa a elaborare la Legge di Bilancio, alla cui scrittura partecipano anche i partiti di minoranza che intervengono con la presentazione di emendamenti.

Tra questi moltissimi riguardano i 19 milioni di cani e gatti che vivono nelle case degli italiani. Vediamo quali sono quelli che sono stati giudicati ammissibili ai primi banchi di prova del Parlamento e si preparano a essere discussi.

Le detrazioni per le spese veterinarie nella Legge di Bilancio 2025
Le spese veterinarie sono uno dei tasti dolenti del bilancio familiare, soprattutto se il proprio animale sviluppa una patologia cronica. Un’indagine realizzata nel 2021 da Altroconsumo ha rivelato che gli italiani che vivono con un cane in buona salute spendono in media, in un anno, circa 1.562 euro, di cui 341 per spese mediche, mentre per i gatti la spesa è di 1.208 euro, di cui 194 per cure mediche.

Come ogni anno quindi anche per il 2025 era attesa la rifinanziazione delle detrazioni, che quest’anno si potrebbe ampliare grazie a un “Fondo di solidarietà a favore dell’accudimento di animali d’affezione” voluto dai parlamentari di Europa Verde. L’emendamento in questo caso si popone di istituire un fondo destinato alle spese veterinarie e all’acquisto di alimenti per gli animali d’affezione. La dotazione prevista è di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2025 e 2026.

Un altro emendamento prevede di abbassare l’aliquota dall’attuale 22% al 10% per le spese veterinarie che così non sarebbero più tassate come un “bene di lusso”. Il deputato Luciano d’Alfonso e il senatore Michele Fina, entrambi in quota Partito Democratico hanno spiegato di aver voluto dare voce sia alle famiglie che agli ordini dei medici veterinari che da tempo chiedono all’Italia di seguire l’esempio di altri paesi europei come la Spagna e i Paesi Bassi dove esistono regimi agevolati dell’Iva per il settore.

Sempre per le spese veterinarie, un emendamento proposto da Fratelli d’Italia propone di aumentare le detrazioni attualmente in vigore innalzando il beneficio fiscale fino all’importo di 5 mila euro.

fonte

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Quali animali hanno combattuto in guerra?

L’uomo ha sempre sfruttato gli animali: oltre a cavalli e muli, anche cani, piccioni e orsi hanno dato il loro contributo sui campi di battaglia, dall’antichità a oggi.

Cani con la medaglia

Nell’ottobre del 2018, una femmina di pastore belga ha rischiato la vita, braccando il leader dell’Isis Abu Bakr al Baghdadi: sguinzagliata da uno dei Rambo della Delta Force americana durante il raid statunitense nella provincia di Idlib (Siria) ha inseguito il super ricercato nel suo nascondiglio, fino al tunnel senza uscita in cui l’uomo si è fatto esplodere. Zero Bark Thirty è un addestratissimo cane-soldato dell’unità speciale K9. Uno degli innumerevoli fedelissimi amici dell’uomo trascinati in guerra dai loro umani già secoli fa.

AmbienteGiornata mondiale del cane: “Vi racconto la mia lunga e fantastica avventura accanto all’uomo”.

Cani soldato

I grossi molossi assiri e babilonesi, quelli in forza nell’esercito persiano di Ciro il Grande (VI secolo a.C.) e in quello macedone di Alessandro Magno (IV secolo a.C.), i mastini dei Celti che accolsero i legionari di Giulio Cesare in Britannia (55 a.C.) e il “canis pugnax” romano venivano tutti addestrati per combattere come feroci guerrieri. Solo l’invenzione della polvere da sparo li relegò nelle retrovie, come ausiliari, portaordini e soccorritori, ma anche così molti si guadagnarono la fama di eroi. Stubby, per esempio: un pitbull terrier con la coda mozzata, ex randagio di Boston, nel corso della Grande guerra si guadagnò sul campo il grado di sergente e diverse medaglie. Tra le sue imprese: aver catturato una spia tedesca e aver salvato i commilitoni del 102° reggimento di fanteria americano da una serie di attacchi con il gas mostarda, di cui riconosceva l’odore in larghissimo anticipo.

Equini in trincea

Alessandro Magno era legatissimo al suo Bucefalo; Marengo prese il proprio nome dalla battaglia attraverso la quale condusse incolume il suo cavaliere, Napoleone Bonaparte; il re di Sardegna Carlo Alberto di Savoia non volle staccarsi neppure durante l’esilio dal suo Favorito, con cui aveva combattuto durante i moti del 1848.

cavalli, e i loro cugini muli, sono stati da sempre gli animali da guerra per eccellenza: i primi andarono in battaglia già 4mila anni fa, per tirare i carri delle antiche popolazioni mediorientali. Protagonista di cariche travolgenti e prode compagno di valorosi condottieri, con l’impiego delle moderne e più letali armi da fuoco il cavallo finì per andare a far compagnia a muli e asini come bestia da soma e da tiro. Si stima che quasi dieci milioni di questi animali fossero arruolati su vari fronti durante il primo conflitto mondiale, ma in quel caso ben più utile di loro si rivelò il mulo: instancabile compagno di cordata degli alpini sul fronte italiano, poteva trasportare fino a 150 kg di carico.

Per questo, fin dalla metà del Settecento, ha fatto parte dei reparti speciali in dotazione a tutti gi eserciti.

AmbienteQuando l’uomo ha iniziato ad andare a cavallo?

Il volo del piccione

Oggi vorremmo solo sparissero dalle piazze e dai balconi, ma c’è stato un tempo, tra l’inizio della Prima e la fine della Seconda guerra mondiale, in cui i piccioni erano considerati eroi. Come il giovane Paddy, che sfuggendo agli artigli dei falchi di Hitler, il 6 giugno 1944 comunicò agli Alleati preziose informazioni sullo sbarco in Normandia, percorrendo quasi 370 chilometri tra la costa francese e la base militare inglese di Hampshire nel tempo record di quattro ore e cinquanta minuti.

La coraggiosa Cher Ami fu invece il postino piumato più famoso della Grande guerra. Entrò nella leggenda grazie alla sua tredicesima missione, quando, durante la battaglia delle Argonne (1918), in barba a una tempesta di proiettili tedeschi, con una scheggia di piombo nel petto, un occhio accecato e una zampa quasi staccata, volò per 40 chilometri per consegnare il messaggio disperato di un battaglione statunitense. Salvò così la vita a 194 uomini, intrappolati dietro le linee nemiche e bersagliati dal fuoco degli alleati, che ne ignoravano la posizione. Con una protesi di legno al posto della zampa e sul petto la Croix de Guerre francese, Cher Ami sopravvisse un altro anno, prima di finire imbalsamata al National Museum of American History.

La carica degli elefanti

C’è quello che Carlo Magno ostentò contro i Vichinghi danesi di re Göttrik (804) e quello che l’imperatore del Sacro romano impero Federico II sfoggiò quando prese Cremona (1204). Ma i più famosi furono gli elefanti con cui Pirro, re dell’Epiro, combatté e vinse i Romani, terrorizzati da quei “buoi lucani”, nella battaglia di Eraclea (280 a.C.), nell’odierna Basilicata. Sessantadue anni dopo, all’inizio della Seconda guerra punica, quando il condottiero cartaginese Annibale valicò le Alpi con l’esercito e 37 pachidermi, fu il freddo a dare una mano ai legionari: durante la traversata uccise infatti tutti gli animali tranne uno, Surus, che morì di malaria poco dopo.

I Latini non furono comunque i primi “europei” a vedere gli elefanti in azione: quel primato era toccato ai soldati di Alessandro Magno, nella battaglia di Gaugamela (331 a.C.). I 15 pachidermi indiani dell’esercito persiano di Dario III impressionarono moltissimo le truppe macedoni: ma Alessandro, oltre a compiere un sacrificio al dio della paura, Phobos, fece schierare la cavalleria lontana da quei bestioni.

E vinse.

CulturaCosa sarebbe successo se i Cartaginesi avessero sconfitto i Romani?

Scorpioni e api

Per la loro pungente caratteristica, entrambi questi stizzosi animaletti vennero impiegati in battaglia fin dall’antichità. Risale al 198 d.C. una delle prime testimonianze sull’impiego degli scorpioni sul campo. A farne le spese furono i Romani di Settimio Severo: durante l’assedio di Hatra, un’importante città fortificata allora appartenente all’Impero dei Parti, furono infatti respinti da centinaia di questi velenosi artropodi rovesciati sulle loro teste dall’alto. E dire che i Romani non erano nuovi a trucchi del genere: solo che loro preferivano affidarsi alle api. Proprio come i Greci, che le impiegavano in battaglia perché erano in grado di colpire gli avversari anche se indossavano la corazza.

Ancora secoli dopo, durante la Prima guerra mondiale (1914-1918) e la guerra in Vietnam (1955-1975), alveari pronti ad aprirsi al passaggio dei nemici, piazzati rispettivamente dai tedeschi e dai vietcong a mo’ di trappola, rallentarono dolorosamente l’avanzata dei soldati.

Ratti antimina

Incubo dei soldati in trincea, i ratti non sono sempre nemici da combattere. Soprattutto quando si tratta dei ratti giganti del Gambia, i topi più grandi del mondo. Questa particolare specie, con la sua corporatura leggera e l’olfatto eccezionale, si è rivelata un’incredibile soluzione per bonificare le zone di guerra dalle mine antiuomo. In Cambogia e in diversi Paesi africani, ormai da un ventennio i grossi roditori salvano almeno 5mila vite all’anno: dopo 9 mesi di addestramento, legati a un filo e muovendosi lungo percorsi definiti, sono infatti capaci di riconoscere l’odore del metallo e della polvere da sparo di cui sono composti gli ordigni bellici e di segnalarne la presenza agli operatori. In cambio di un po’ di cibo e senza rischiare la vita, dato che sono troppo leggeri per far esplodere le bombe, in questo modo possono ripulire 200 metri quadrati di territorio in soli venti minuti: a un uomo con un metal detector, invece, occorrerebbero fino a quattro giorni.

Questo articolo è tratto da Focus Storia. Perché non ti abboni?

Quali animali ridono? Sono molti di più di quanti pensassimo

Non ridono solo scimmie e topi, ma anche mucche, cani, foche manguste e volpi… Noi, però, non riusciamo a sentire le risate di questi animali.

Anche gli animali ridono: secondo lo studio del primatologo Sasha Winkler e dell’esperto di comunicazione Greg Bryant, ricercatori della University of California (Usa), sarebbero ben 65 le specie che in determinate situazioni, come quelle di gioco o di divertimento condiviso, emettono vocalizzi del tutto simili alla risata.

Lo studio. La ricerca, pubblicata sulla rivista Bioacustics Journal, intendeva verificare l’assunto secondo il quale solo le grandi scimmie e i topi sarebbero in grado di ridere come gli umani.

I protagonisti. Passando in rassegna la letteratura prodotta sull’argomento, i due studiosi hanno invece riscontrato che sono molti di più gli “animali ridenti”: nel nuovo elenco figurano infatti mucche, cani, fochemanguste, volpi e anche uccelli, come i parrocchetti e le gazze australiane.

Risate ultrasoniche. Il problema, però, è sentire queste risate! Mentre, per esempio, gli scimpanzé emettono risate molto simili a quelle umane, altri animali sono decisamente meno udibili, essendo le loro risate vocalizzazioni ultrasoniche fuori dalla portata dell’udito umano.

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Un commissario europeo per la salute degli animali

 E’ l’ungherese Olivér Várhelyi, uomo di Orban e dell’estrema destra di Fidesz

resentando la proposta per i componenti  e gli incarichi per la nuova Commissione europea, la presidente Ursula von der Leyen ha annunciato che il benessere degli animali dovrebbe essere incluso nel titolo del nuovo Commissario europeo per la salute, che quindi ora diventerebbe “per la Salute e il Benessere degli animali”

Per Animal Equality Italia, Animal Law Italia, CIWF Italia, ENPA, Essere Animali, Leidaa e LAV si tratta di «Un annuncio dalla valenza storica per il riconoscimento dell’importanza di questo tema e della necessità di trattarlo con maggiore trasparenza, responsabilitá e risorse. E’ inoltre positivo vedere che la competenza del benessere animale rimanga fra i compiti della Direzione Generale SANTE, garantendo quell’approccio One Health che riconosce l’interconnessione tra benessere degli animali, salute pubblica e ambiente».

Per ricoprire l’incarico di Commissario alla salute e al benessere animale la  von der Leyen ha proposto l’ungherese Olivér Várhelyi, attuale commissario europeo per l’allargamento e la politica di vicinato e fedelissimo del premier ungherese Victor Orban e della destra di Fidesz , non certo ambientalista e animalista.

Anche se gli animalisti definiscono l’incaico dato a Várhelyi come qualcosa di storico, Telex riferisce che quando la von der Leyen lo ha annunciato è stato accolto con risatine da parte di molti europarlamentari perché si tratta di un portafoglio debole, visto che la salute è in gran parte di competenza degli Stati membri. Se gli europarlamentari gli daranno il via libera dopo le audizioni, Várhelyi dovrà realizzare «Un’Unione europea della Salute e proseguire il lavoro sul cancro e sull’assistenza sanitaria preventiva», ha detto la von der Leyen.

L’eurodeputato ungherese ) Csaba Molnár della Demokratikus Koalíció (Socialisti e Democratici), ha commentato: «Questo è il punto in cui Orbán e il suo partito hanno portato l’Ungheria. Zero influenza, uno zimbello. Al commissario ungherese verrà assegnato l’incarico meno importante. Questo incarico non esisteva nemmeno prima, è stato creato appositamente per umiliare Orbán. L’uomo di Orbán alla Commissione europea sarà un subordinato del commissario rumeno, un’indicazione del posto di Orbán in Europa».

Ma il ministro ungherese per gli affari europei, János Bóka, ha elogiato su Faceboock il lavoro di Várhelyi: «E’ grazie al successo di Várhelyi che questo (il suo precedente portafoglio) è oggi uno dei portafogli più popolari. Il fatto che l’area che ha supervisionato sarà occupata da tre commissari nella nuova Commissione è un’indicazione della sua etica lavorativa».

La realtà è che  Várhelyi è stato ritenuto non più compatibile con il precedente incarico per la politica filorussa di Orban dopo l’invasione dell’Ucraina e perché avrebbe tentato di facilitare l’adesione di Paesi vicini alla destra di Orban e di ostacolare quella di Paesi più democratici.

Ma tutte queste polemiche non sembrano interessare molto le associazioni animaliste che in un comunicato congiunto evidenziano che «La richiesta di un Commissario esplicitamente dedicato al benessere degli animali è in linea con le richieste di 310.000 cittadini, di oltre 200 parlamentari europei nel mandato 2019-24 e già oltre 100 nel presente mandato, risultati ottenuti grazie alla campagna #EUforAnimals promossa dall’associazione belga GAIA – membro attivo di Eurogroup for Animals – e a cui hanno aderito decine di associazioni in tutta l’Ue, comprese le italiane Animal Equality Italia, Animal Law Italia, CIWF Italia, ENPA, Essere Animali, Leidaa e LAV.  Ad oggi sono già oltre 100 i neo eletti parlamentari europei che hanno deciso di aderire alla campagna e sottolineare quindi come il nuovo Commissario sarà fondamentale per garantire la pubblicazione della a lungo promessa revisione della legislazione europea sul benessere degli animali. Il loro impegno sarà ancora cruciale nelle prossime settimane, per assicurare che questa proposta sia confermata durante le audizioni e nei voti parlamentari».

Le 7 associazioni sottolineano che «Il lavoro del nuovo Commissario responsabile per il benessere degli animali sarà anche importante per incoraggiare maggiore ambizione sul benessere animale in altri Commissari, tra cui quello del candidato per l’agricoltura e l’alimentazione che dovrebbe “dare concretezza alla relazione e alle raccomandazioni contenute nel testo finale del Dialogo Strategico sul Futuro dell’Agricoltura dell’UE”. Il report finale di quest’ultimo raccomanda esplicitamente una revisione della legislazione sul benessere degli animali entro il 2026, nonché una transizione verso sistemi senza gabbie. Ma il lavoro del nuovo Commissario includerà anche una stretta collaborazione con i suoi omologhi responsabili per la pesca, il commercio e l’ambiente, tra gli altri, per garantire che la proposta di riforma della legislazione Ue preveda elevati standard di benessere elevati per tutti gli animali in tutte le aree pertinenti».

Gli animalisti italiani concludono: «E’ davvero importante vedere che finalmente la Commissione Ue ascolta le richieste dei cittadini. Le associazioni per la protezione degli animali lavorano da anni per ottenere un Commissario per il Benessere Animale e la notizia di oggi è un segno di speranza. Invitiamo tutti i parlamentari europei ad aderire prontamente alla campagna #EUforAnimals e a sostenere questa proposta nelle audizioni e nei voti delle prossime settimane. L’inclusione del benessere animale nel titolo del nuovo Commissario garantirà che questo fondamentale tema rimanga una priorità in tutte le discussioni pertinenti: ci aspettiamo che la revisione della legislazione sul benessere degli animali sia il primo fascicolo da trattare grazie a questa fondamentale novità».

Ma, come per gli altri commissari Ue proposti, la nomina di Várhelyi è soggetta ad approvazione da parte del Parlamento europeo nelle prossime settimane e sarà difficile che gli europarlamentari siano ben disposti verso un politico di estrema destra che recentemente li ha definiti idioti.

Chiara Ciprio

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Come si spostano gli animali in Italia a causa del clima

«Le cicale sono soltanto una delle numerose specie di insetti e animali che, come l’uomo, tentano di adattarsi al cambiamento climatico; alcune fuggono dal caldo anomalo, altre lo sfruttano per estendere il proprio habitat, con conseguenze negative sia dal punto di vista ecologico (minor biodiversità) che sanitario (portatori di patogeni). Se in passato gli effetti delle introduzioni di specie aliene in Europa da parte dell’uomo venivano in gran parte limitati dal freddo, oggi questa capacità di contenimento si è notevolmente ridotta. Per tanti tipi di piante e animali invasivi che sfruttano il caldo a loro vantaggio, ci sono altrettante specie autoctone che vedono il loro habitat ridursi, al punto da essere costrette a spostarsi verso regioni più fredde. Succede anche a noi»

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Ermellino bianco su prato verde senza neve (Epa/Karl-Josef Hildebrand/ansa)
Ermellino bianco su prato verde senza neve (Epa/Karl-Josef Hildebrand/ansa)

Agosto 2017, fa un gran caldo in tutta Italia e molte zone registrano una preoccupante carenza d’acqua. Spossato dalla calura e intristito dagli alberi precocemente ingialliti dalla siccità, decido di cercare frescura in montagna. Con un amico optiamo per il monte Falterona, sull’Appennino tosco-romagnolo, zona nota per la ricchezza delle sue foreste, per la bellezza dei suoi paesaggi e per il clima gradevole anche in piena estate. Salendo di quota il caldo si attenua, ma la sensazione è quella che sia davvero eccessivo anche per quelle altitudini. Arrivati a circa 1.550 metri il silenzio dei faggi e degli abeti viene spezzato dal frinìo di una cicala; quel canto, così anomalo per quell’ambiente, ci lascia talmente increduli che decidiamo di registrarlo.

Anche l’insetto più rappresentativo delle estati mediterranee ha deciso di puntare in alto, ma non per sfuggire al caldo, bensì per seguirlo ben oltre i limiti entro i quali la natura lo aveva confinato. Le cicale, infatti, come molti altri insetti, sono creature termosensibili e ampliano o riducono il loro areale, la superficie abitata da una specie, anche in base alle condizioni climatiche. Quella dell’estate 2017 è stata la mia prima, personale, testimonianza della presenza di cicale in montagna; un fatto che ormai si ripete ogni estate diventando una consuetudine a cui non facciamo quasi più caso. Nell’estate del 2023 l’inconfondibile “canto” della cicala è stato documentato anche sul monte Baldo, tra Trentino e Veneto, a 1.700 metri di quota, mentre nell’agosto 2024 ha riecheggiato sui crinali più elevati dell’Appennino pistoiese.

Le cicale sono soltanto una delle numerose specie di insetti e animali che, come l’uomo, tentano di adattarsi al cambiamento climatico; alcune fuggono dal caldo anomalo, altre lo sfruttano per estendere il proprio habitat, con conseguenze negative sia dal punto di vista ecologico (minor biodiversità) che sanitario (portatori di patogeni). A causa del cambiamento climatico alcuni tipi di zecche, note per essere vettori di malattie anche gravi,  stanno espandendo sia il loro areale, sia la stagione in cui riescono a parassitare gli ospiti. Dato che non tutti gli animali che colonizzano gli spazi resi disponibili da questo innaturale innalzamento delle temperature sono “buoni”, molti possono risultare estremamente competitivi e soprattutto molto dannosi per l’ecosistema. Non è certo il caso del geco, un “invasore” simpatico e innocuo, anch’esso diventato presenza costante in zone d’Italia dove fino a 20 anni fa non esisteva, come per esempio la Val Padana, le montagne del Carso, o le zone collinari interne dell’Italia centrale.

Decisamente pericolose per gli equilibri ecosistemici, invece, sono le specie marine che dal mar Rosso si spingono nel Mediterraneo, trovando, contrariamente a quanto succedeva in passato, un ambiente favorevole per la loro diffusione.

Giulio Betti

FONTE