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Forse questi animali si parlano, e lo abbiamo appena scoperto

Una recente ricerca ha scoperto che gli elefanti potrebbero condividere una sfumatura del linguaggio umano, ovvero quella dei nomi individuali. Noi siamo abituati a gestire centinaia di nomi, compresi quelli di persone con cui non interagiamo da decenni e lo facciamo parallelamente ai nomi di migliaia di luoghi, prodotti, oggetti e così via.

Da quanto ne sappiamo gli animali non hanno nulla di simile nei loro pur complessi linguaggi. Se dovessimo scegliere una specie a cui potrebbero essere utili dei nomi, gli elefantisarebbero probabilmente in cima alla lista. Loro sono sono longevi, hanno interazioni sociali complesse e sono già noti per comunicare utilizzando bassi rimbombi. Sappiamo che hanno richiami distinti utilizzati in alcuni contesti sociali specifici.

I nomi degli elefanti

Un team di ricercatori della Colorado State University ha collaborato con gruppi in Kenya coinvolti nella conservazione degli elefanti per verificare se potessero riferirsi tra loro tramite qualcosa di simile a un nome.

I rimbombi prodotti dagli elefanti sono armonicamente complessi ed è difficile identificare caratteristiche importanti esaminando cose come i grafici delle frequenze. Quindi, i ricercatori hanno utilizzato due metodi per esaminarli. Uno era un approccio di apprendimento automatico chiamato modello di foresta casuale e l’altro un software di analisi audio per identificare il grado in cui due chiamate qualsiasi condividono caratteristiche comuni. 

Se si riuscissero a dimostrare che gli elefanti utilizzano i nomi, si tratterebbe di una scoperta incredibile. Ci sono circa 100 milioni di anni di evoluzione tra gli esseri umani e gli elefanti, il che significa che abbiamo condiviso un antenato comune per l’ultima volta circa 30 milioni di anni prima che i dinosaurisi estinguessero. E tra noi ci sono molte specie che non si impegnano in una comunicazione sofisticata. Quindi, qualsiasi capacità in questo senso quasi certamente si è evoluta separatamente.

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Il collare che vi farà parlare con il vostro animale domestico

Un nuovo dispositivo intelligente regala ai proprietari di cani e gatti la possibilità di conversare con i propri cuccioli. O meglio, di fingere di farlo

Gli esseri umani hanno cercato di comunicare con gli animali fin da quando hanno compreso come creare le parole. In tempi moderni, ci rivolgiamo alla tecnologia per trovare una soluzione: forniamo ai nostri gatti dei pulsanti che ripetono frasi come “ho fame” e “ho sete”, o cerchiamo di usare l’intelligenza artificiale per comprendere le balene. L’approccio più recente e forse più diretto alla comunicazione tra l’uomo e le altre specie è un collare ad attivazione vocale che dà al vostro animale domestico la capacità di rispondervi. O almeno, questa è l’idea. Il texano di Austin John McHale possiede un’azienda chiamata Personifi Ai. L’obiettivo della startup, come suggerisce il nome, è creare una tecnologia che “personifichi tutto”, come spiega McHale. Il primo obiettivo sono proprio gli animali da compagnia.

Il collare è dotato di un altoparlante: parlando al vostro animale domestico (o meglio, rivolgendovi al collare) attiverete una voce umana pre-registrata che vi risponderà, creando l’illusione che l’amico peloso abbia una personalità simile a quella umana e la capacità di comunicare (in inglese). Il collare è solo per cani e gatti, ma McHale spera di arrivare a produrre dispositivi adatti ad altre specie, inclusi gli esseri umani. L’imprenditore ha avuto l’idea del collare parlante dopo che il suo cane, Roscoe, è stato morso da un serpente a sonagli. All’inizio McHale non si era reso conto di cosa fosse successo, fino a qualche ora dopo, quando l’animale ha iniziato a stare male. Roscoe è sopravvissuto e ora sta bene, ma è stato ricoverato per dieci giorni, un soggiorno che presumibilmente ha fatto lievitare il conto del veterinario. Questo preoccupante incidente è rimasto impresso nella mente di McHale, che si è chiesto come sarebbero potute andare le cose se fosse stato in grado di comunicare verbalmente con Roscoe. Così è nata l’idea di Shazam.

Come funziona il collare

Il dispositivo si chiama Shazam, anche se non ha alcuna relazione né con il cinecomic omonimo né con l’app di ricerca musicale. Il congegno è dotato di un microfono e di un dispositivo vocale che gli consentono di ascoltare le parole dell’utente e di rispondere in modo pertinente. L’idea è quella di trasmettere ai proprietari la sensazione di conversare con i propri animali da compagnia, mentre in realtà stanno parlando con il chatbot del collare. “Partiamo dagli stati d’animo“, spiega McHale, “e li misuriamo in relazione all’uomo, all’animale e a ciò che li circonda. Tutte queste variabili sono essenzialmente continue e mutevoli, sono input, per quella che chiamiamo la corteccia cognitiva, che costruiamo basandoci sull’apprendimento automatico e su grandi serie di dati”.

Questo processo non è a buon mercato. I collari partono da 495 dollari per i gatti (circa 450 euro) e 595 dollari (circa 550 euro) per i cani. Bisogna anche sostenere i dei costi dell’abbonamento: 195 dollari (circa 180 euro) all’anno per i collari felini e “Ultra”, o 295 dollari (circa 270 euro) all’anno per il servizio BrainBoost, che, secondo un rappresentante di Shazam, “apporta qualità tipicamente senzienti come l’empatia, il ragionamento, la consapevolezza sociale e la consapevolezza di sé“. Entrambi i costi di abbonamento sono zero per il primo anno, ma si attivano automaticamente quello dopo. Senza l’abbonamento a BrainBoost, il collare produce solo una voce generica e perde le sue qualità dinamiche, quindi se si vuole ottenere la migliore esperienza, bisogna continuare a pagare la quota annuale di quasi trecento dollari dopo la fine del primo anno gratuito. I collari sono già disponibili per il preordine, ma l’azienda afferma che le spedizioni non inizieranno prima di febbraio 2025.

Oltre a dare apparentemente al vostro cucciolo il potere della parola, Shazam ha anche altri usi più pratici, in particolare una serie di funzioni di sicurezza che ogni padrone sarebbe grato di avere. Il microfono e i sensori del collare sono in grado di individuare i serpenti a sonagli ascoltando i rumori dell’ambiente circostante, o di rilevare l’allontanamento dell’animale. Quando si verifica una di queste condizioni, il proprietario ricevere un avviso. Il collare può anche tenere traccia delle routine degli amici pelosi, ad esempio è in grado di rilevare quando cane o gatto stanno mangiando. Può essere utilizzato, quindi, per capire quando viene saltato un pasto, e attivare il bot vocale per creare un reminder. Naturalmente, va considerato che il vostro animale da compagnia indossa un microfono sempre acceso e le relative preoccupazioni sulla privacy che ne derivano. Tuttavia, la sicurezza e il benessere dei nostri cani e gatti costituiscono una valida giustificazione.

Tuttavia, il punto di forza di Personifi resta il chatbot. Chatbot, forse, non è proprio il termine giusto. Shazam non utilizza una voce sintetizzata creata da un’intelligenza artificiale come quella del servizio Eleven Labs: tutte le sue linee vocali sono, infatti, preregistrate. Ci sono 27 “personaggi” tra cui scegliere, ognuno con una propria personalità e interpretato da un doppiatore umano. Quando si imposta il collare, si sceglie un personaggio per il proprio animale domestico e se si desidera cambiarlo con uno degli altri in un secondo momento, il costo è di 99 dollari (circa 90 euro). Personifi sostiene che ognuno contempla circa 8.000 battute di dialogo, con l’intenzione di aggiungerne altre. Si tratta di un sacco di dialoghi, certo, ma ciò significa che le voci di Shazam funzionano più come quelle di un Npc (un personaggio non giocante) di un videogioco che come quelle di un chatbot dinamico e in evoluzione.

McHale afferma che la sintetizzazione vocale arriverà probabilmente anche su piattaforma, in modo che il collare possa fare cose come commentare il punteggio di una partita di calcio mentre la si guarda in televisione. Le voci sono molto alla Dr. Dolittle, usano frasi spiritose e fanno battute. I personaggi sono sciocchi o carini, fastidiosi o spiazzanti. Stranamente, sono tutti identificati tramite illustrazioni di avatar umani sul sito web. Uno di questi si chiama Bella, e Shazam la raffigura come una bambina che descrive con tag come “coccolona” e “buffa”; un altro si chiama il dott. Gates, uno scienziato sorridente in camice da laboratorio accompagnato dai tag “ama i bambini” e “premio Nobel”. Le classiche personalità da animali domestici…

McHale afferma che i personaggi sono stati creati per offrire varietà, ma anche per allinearsi ai tipi di personalità comuni che le persone tendono ad associare agli animali da compagnia. “Abbiamo fatto un’indagine di mercatoe quasi tutti gli interpellati hanno un’idea abbastanza precisa della personalità del proprio animale. È sorprendente” sostiene McHale. È possibile personalizzare ulteriormente le caratteristiche nell’app. Una serie di impostazioni consente, infatti, di modificare il livello di espansività, rendere la voce più o meno ironica, assegnare la capacità di fare riflessioni profonde. È possibile cambiare i valori dell’animale, come la compassione, la giustizia e il coraggio. Si possono impostare credenze religiose, capacità di perdonare, opinioni su libertà, fato e destino. È possibile assegnare un’opinione sulla politica e su tematiche sociali. La quantità di opzioni per la personalizzazione è davvero vertiginosa, ma non è chiaro quanto queste impostazioni cambieranno ciò che il vostro animale domestico dice quando vi implora di lasciarlo andare fuori a fare i suoi bisogni.

McHale mi ha mostrato una demo del collare Shazam durante una conversazione su Zoom. Il suo labrador Roscoe, il bravo cagnone sopravvissuto al morso di un serpente, indossa il collare mentre si trova in una stanza con McHale e alcuni rappresentanti di Personifi. Uno di loro gli porge dei bocconcini a Roscoe e gli parla, e il collare risponde con la voce del doppiatore Bobby Johnson, alias The RxckStxr.

“Roscoe, come ti senti?“, chiede.

Potrei bere anche 3-4 litri d’acqua“, risponde il collare di Roscoe.

Ecco perché non vuoi andare a caccia di scoiattoli. Non hai bevuto per tutto il giorno. Vergogna. Però ti voglio bene lo stesso, Roscoe” replica l’umano.

Portami a fare una passeggiata e potrai dirmi quanto mi vuoi bene”, conclude la voce assegnata a Roscoe.

È divertente: ciò che Roscoe dice non corrisponde a ciò che sta facendo. A me sembra che non gli importi molto di bere l’acqua. Invece, si è concentrato intensamente sulle prelibatezze presenti nella stanza. Se avesse potuto esprimere i suoi pensieri in quel momento, avrebbe detto qualcosa come: “Vedo che hai un bocconcino. Per favore, dammelo subito!”. Alcuni scenari funzionano meglio di altri. In un altro esempio, un rappresentante gioca al tiro alla fune con Roscoe. I sensori del collare percepiscono che si sta svolgendo un’attività ludica e la “voce” stravagante di Roscoe dice: “Cancella i tuoi programmi, voglio giocare tutto il giorno!” e prosegue con alcuni grugniti e ringhi.

E i gatti?

La libreria di dialoghi del collare può essere in grado di approssimare le personalità semplici e sovradimensionate della maggior parte dei cani. I gatti, l’altro target di riferimento, sono un’altra cosa. Conversare con i mici è più complicato. Daniel “Dq” Quagliozzi è uno specialista dell’addestramento e del comportamento felino che gestisce Go Cat Go, un servizio di consulenza per proprietari di mici a San Francisco. Afferma che spesso le persone fraintendono ciò che i gatti vogliono veramente, e non è detto che un collare parlante possa aiutare a superare la barriera della comunicazione, senza contare che i gatti possono essere restii a indossarlo.

Realisticamente“, sostiene Quagliozzi, “il collare non farebbe altro che ripetere per tutto il tempo ‘toglietemi questo stramaledetto collare’”. È già abbastanza difficile ottenere una risposta diretta dal proprio animale domestico, ma dotarlo di un marchingegno che estrapoli le reazioni dedotte da un collare carico di sensori non sembra il modo più efficiente per riuscirci. Probabilmente avrete visto i post virali su Instagram che mostrano cuccioli mentre premono pulsanti che attivano frasi specifiche. L’idea è che gli animali stiano imparando a comunicare con i loro padroni. In realtà, più che capire il significato di ogni singolo pulsante, gli animali domestici probabilmente stanno solo premendo quelli che producono la reazione maggiore (o la garanzia di un premio) da parte del padrone. Shazam si scontra con un problema simile. Gatti e cani non capiscono granché del linguaggio umano, così come noi non capiamo sempre perché stiano miagolando o abbaiando.

Il vero beneficio del legame è per l’uomo“, afferma McHale, “Si tratta di un’attività che riguarda l’essere umano, il quale si persuade che il suo animale sia più sicuro e meglio compreso”. I migliori chatbot, anche quelli che si avvalgono di esperti in LLM, non capiscono ancora cosa dicono gli umani; sono solo molto bravi a generare risposte che ci fanno credere di essere capiti. Quando si ricorre alla mimica per dare voce a un’altra creatura vivente, nemmeno l’animale domestico capisce cosa significhi: sentirà la stessa voce, ma non la interpreterà come propria, che esprime le proprie intenzioni. La sentirà come un’entità completamente separata, solo più vicina alle sue orecchie del solito.

McHale immagina un mondo in cui i cani che indossano i collari Shazam si incontrano al parco e mentre si annusano e abbaiano, un paio di chatbot con voce umana chiacchierano dai loro collari. Quagliozzi, invece, si preoccupa del lato oscuro del dare voce agli animali domestici. Teme che possa portare a un aumento dei video sui social che le persone ritengono innocui ma che sono potenzialmente dannosi per i loro felini. “È una delle cose contro cui combatto costantemente: le persone che usano i loro felini come oggetti di scena per fare cose divertenti. Così facendo li spaventano o semplicemente creano fiction basate sul modo in cui sanno che un gatto reagirà a qualcosa di traumatico. Dare loro una voce buffa da cartone animato può andare fuori controllo” spiega Quagliozzi.

Le funzioni del collare Shazam che si concentrano sulla sicurezza e sul benessere dell’animale sono lodevoli. Rilevare un serpente a sonagli potrebbe rivelarsi un salvavita. E se è necessario che un cane lanci un impertinente “Ehi amico, è l’ora delle crocchette!” per ricordare al padrone di dargli da mangiare, ben venga. Tuttavia, un chatbot al collo del vostro cane probabilmente non approfondirà il vostro legame. L’esigenza di capire i propri animali domestici è naturale, ma esistono modi migliori per assicurarsi che i loro bisogni siano soddisfatti, che farli parlare la vostra lingua. La migliore conversazione con il vostro animale non è fargli pronunciare battute impertinenti, ma incontrarlo al suo livello“Ci ostiniamo a cercare di alzare sempre il tiro, anche solo di un po’”, osserva Quagliozzi, “Il motivo è lo stesso per cui vogliamo i robot, per cui vogliamo la compagnia dall’intelligenza artificiale. Gli esseri umani si sentono soli, e vogliono qualcuno con cui parlare”.

Questo articolo è apparso originariamente su Wired US.

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Una specie di cincia ha cambiato il canto per distinguersi dalle altre

Per evitare di confondersi con una specie simile, la cincia delle Montagne Rocciose ha modificato il suo canto, creandone uno più lungo e complesso.

La famiglia Paridae comprende tutti quegli uccelli a cui ci riferiamo comunemente come “cince”; in particolare, le specie che vivono in Nord America vengono chiamate “chickadee” in inglese, un termine che non ha un equivalente italiano ma che le distingue dalle cince del resto del mondo.

Si tratta di uccelli simili nell’aspetto, e che in certi luoghi condividono lo stesso areale tra specie diverse: è il caso delle cince delle Montagne Rocciose (Poecile gambeli), che vivono in altura ma il cui habitat si sovrappone in parte a quello delle cince capinere (Poecile atricapillus). Un nuovo studio pubblicato sul Journal of Evolutionary Biology dimostra che, per evitare di fare confusione, le cince delle Montagne Rocciose hanno imparato nuovi canti, che permettono loro di distinguere le conspecifiche dalle cince capinere.

Nei luoghi dove i loro habitat si sovrappongono (per esempio le montagne di Boulder, Colorado, dove è stato condotto lo studio), le cince capinere sono dominanti su quelle delle Montagne Rocciose: le scacciano se si avvicinano troppo ai loro nidi, e arrivano sempre prime sul cibo – le rivali devono aspettare che abbiano finito per nutrirsi.

Questo “arrangiamento” un po’ sbilanciato ha fatto sorgere un dubbio nei ricercatori dell’università di Boulder: è possibile che, come avviene per esempio nei fringuelli delle Galapagos studiati da Darwinle cince abbiano sviluppato caratteri nuovi per distinguersi dagli esemplari della specie rivale?

Il canto come carta d’identità. Un’analisi dei canti delle due specie di cince ha rivelato che la risposta è sì: le cince delle Montagne Rocciose hanno elaborato un canto diverso, più lungo e complesso di quello, per esempio, delle loro conspecifiche che vivono in California, e che sono state usate come confronto.

In questo modo, questi uccelli riescono a distinguersi tra loro, e a identificare  quale specie appartenga l’esemplare che sta cantando: questo permette loro di non sprecare energie con un’altra specie, e di non fare confusione (superficialmente, i due uccelli sono molto simili). La differenza nel canto evita anche l’imbarazzante situazione in cui due cince di specie diverse si accoppiano: possono figliare, ma la loro prole è sterile, e metterla al mondo è quindi una fatica inutile.

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Gli ippopotami… volano! La sorprendente scoperta in uno studio

Gli ippopotami volano ». Provate a pronunciare questa frase a una cena tra amici e osservate con che faccia vi guardano: crederanno che siate impazziti. Eppure, anche se ovviamente questi enormi mammiferi non compiono evoluzioni aeree paragonabili a quelle degli uccelli, il loro modo di correreprevede anche dei piccoli “voli” – che non sono veri voli, ma che li vedono sollevare da terra tutte e quattro le zampe contemporaneamente , un’impresa che sembra impossibile per un animale che pesa fino a due tonnellate. Potete leggere lo studio che descrive quest’impresa su PeerJ .

UNO STUDIO «NOIOSO » . Lo studio in questione, che il primo autore John Hutchinson ha descritto come « noiosissimo da svolgere» , non è stato effettuato nell’habitat naturale degli ippopotami, ma in uno zoo che si trova in Inghilterra , nello Yorkshire, chiamato Flamingo Land. Qui, una delle studentesse di Hutchinson, Emily Pringle, ha ripreso con telecamere ad alta risoluzione la corsa degli ippopotamiospitati dal parco; queste immagini sono state integrate con altri video di ippopotami che corrono, trovati su YouTube. Lo studio ha poi previsto (è questa la parte noiosa) un’analisi fotogramma per fotogramma del girato, per scoprire come questi mammiferi muovono le zampe durante la loro corsa.

IL VOLO DEGLI IPPOPOTAMI. Il duo ha scoperto che, per la maggior parte del tempo, gli ippopotami procedono al trotto , muovendo in sincronia le zampe anteriore destra e posteriore sinistra, e anteriore sinistra e posteriore destra; in questo sono paragonabili agli elefanti. 

Quando però corrono, in particolare quando inseguono i loro rivali, passano al galoppo : in questi momenti, alzano da terra tutte e quattro le zampe contemporaneamente, “volando” appunto; è lo stesso metodo di corsa utilizzato da un altro mammifero di grandi dimensioni, il rinoceronte. Il “volo” degli ippopotami , dice lo studio, li tiene sospesi per aria per il 15% del tempo che passano a correre. Hutchinson ora vuole ripetere lo studio analizzando la corsa degli ippopotami quando sono ancora giovani, e dunque pesano di meno: che siano in grado di volare ancora più spesso?

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Bonus animali domestici 2024: come richiederlo e quando

Nella Legge di Bilancio è previsto un contributo di 750 mila euro per sostenere spese veterinarie, acquisto di farmaci e molto altro ancora

proprietari di animali sono sempre attenti al loro benessere che non coinvolge solo un’alimentazione sana, ma anche rivolgersi al veterinario e sottoporli alle cure adeguate in caso di bisogno. Per agevolarli nelle spese mediche è in previsione il Bonus Animali Domestici 2024 introdotto con l’ultima manovra che ha fissato lo stanziamento economico in 250 mila euro l’anno per il triennio 2024-2026 (per un totale di 750 mila euro nel triennio). L’obiettivo è quello di contrastare il più possibile fenomeni di cui si sente parlare troppo spesso come il randagismo e l’abbandono. Per ottenere il bonus bisogna rispondere a determinati requisiti, vediamo insieme come richiederlo.

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A chi è destinato il bonus animali domestici

Il bonus animali domestici 2024 è destinato alle persone anziane che hanno difficoltà a far fronte alle spese mediche. Nella legge di Bilancio si parla in generale di animali di affezione senza elencare le specie, ma si può intuire quelle a cui fare riferimento. Saranno con tutta probabilità compresi i cani e i gatti, gli animali da compagnia per antonomasia, come anche tutti gli altri di cui può essere certificata la proprietà. Ad esempio, alcuni roditori come i criceti oppure i furetti sono destinati a far parte di questo elenco, mentre per rettili, anfibi e invertebrati bisognerà attendere nuove disposizioni. I requisiti per la richiesta sono presto detti:

  • È necessario avere non meno di 65 anni
  • Il reddito ISEE dichiarato non può superare i 16215 euro l’anno
  • Occorre essere residenti in territorio italiano
  • Le spese per gli animali devono essere documentate con tanto di ricevute o fatture
  • L’animale deve essere registrato presso l’Anagrafe degli Animali d’Affezione

Come può essere sfruttato il bonus

Il fondo da 750 mila euro in tre anni dovrà essere usato per pagare visite dal veterinario, vaccinazioni, sterilizzazioni e operazioni chirurgiche di varia entità. Lo stesso discorso vale per l’acquisto dei medicinali destinati agli animali, a patto che il prezzo minimo sia di 129,11 euro.

Tra l’altro, il Bonus Animali Domestici 2024 consente di beneficiare di una detrazione del 19% sulle spese veterinarie, a patto che venga calcolata su un totale massimo di spesa di 550 euro ogni anno (non ha importanza invece il numero di animali).

La richiesta dell’agevolazione passo per passo

Come ogni agevolazione che si rispetti, anche questo bonus può essere richiesto seguendo con attenzione una serie di passaggi. Anzitutto bisogna dire che non servono moduli da compilare o domande telematiche da inviare, basta verificare i requisiti citati sopra e allegare la dichiarazione dei redditi con le fatture e le ricevute che servono in questo caso.

I pagamenti legati al bonus, inoltre, devono essere tutti tracciabili, quindi è necessario che vengano effettuati tramite bonifici, carte di credito o di debito. Vale la pena ricordare, comunque, che in diversi comuni italiani sono previsti anche altri bonus “locali”, altre opportunità che vengono in aiuto di chi si prende cura degli animali domestici. Ecco perché è opportuno informarsi direttamente al proprio Comune di residenza per avere maggiori dettagli e capire se si ha diritto ai contributi economici per farmaci e spese veterinarie di vario tipo.

Articolo originale su Today.it