Un nuovo dispositivo intelligente regala ai proprietari di cani e gatti la possibilità di conversare con i propri cuccioli. O meglio, di fingere di farlo
Gli esseri umani hanno cercato di comunicare con gli animali fin da quando hanno compreso come creare le parole. In tempi moderni, ci rivolgiamo alla tecnologia per trovare una soluzione: forniamo ai nostri gatti dei pulsanti che ripetono frasi come “ho fame” e “ho sete”, o cerchiamo di usare l’intelligenza artificiale per comprendere le balene. L’approccio più recente e forse più diretto alla comunicazione tra l’uomo e le altre specie è un collare ad attivazione vocale che dà al vostro animale domestico la capacità di rispondervi. O almeno, questa è l’idea. Il texano di Austin John McHale possiede un’azienda chiamata Personifi Ai. L’obiettivo della startup, come suggerisce il nome, è creare una tecnologia che “personifichi tutto”, come spiega McHale. Il primo obiettivo sono proprio gli animali da compagnia.
Il collare è dotato di un altoparlante: parlando al vostro animale domestico (o meglio, rivolgendovi al collare) attiverete una voce umana pre-registrata che vi risponderà, creando l’illusione che l’amico peloso abbia una personalità simile a quella umana e la capacità di comunicare (in inglese). Il collare è solo per cani e gatti, ma McHale spera di arrivare a produrre dispositivi adatti ad altre specie, inclusi gli esseri umani. L’imprenditore ha avuto l’idea del collare parlante dopo che il suo cane, Roscoe, è stato morso da un serpente a sonagli. All’inizio McHale non si era reso conto di cosa fosse successo, fino a qualche ora dopo, quando l’animale ha iniziato a stare male. Roscoe è sopravvissuto e ora sta bene, ma è stato ricoverato per dieci giorni, un soggiorno che presumibilmente ha fatto lievitare il conto del veterinario. Questo preoccupante incidente è rimasto impresso nella mente di McHale, che si è chiesto come sarebbero potute andare le cose se fosse stato in grado di comunicare verbalmente con Roscoe. Così è nata l’idea di Shazam.
Come funziona il collare
Il dispositivo si chiama Shazam, anche se non ha alcuna relazione né con il cinecomic omonimo né con l’app di ricerca musicale. Il congegno è dotato di un microfono e di un dispositivo vocale che gli consentono di ascoltare le parole dell’utente e di rispondere in modo pertinente. L’idea è quella di trasmettere ai proprietari la sensazione di conversare con i propri animali da compagnia, mentre in realtà stanno parlando con il chatbot del collare. “Partiamo dagli stati d’animo“, spiega McHale, “e li misuriamo in relazione all’uomo, all’animale e a ciò che li circonda. Tutte queste variabili sono essenzialmente continue e mutevoli, sono input, per quella che chiamiamo la corteccia cognitiva, che costruiamo basandoci sull’apprendimento automatico e su grandi serie di dati”.
Questo processo non è a buon mercato. I collari partono da 495 dollari per i gatti (circa 450 euro) e 595 dollari (circa 550 euro) per i cani. Bisogna anche sostenere i dei costi dell’abbonamento: 195 dollari (circa 180 euro) all’anno per i collari felini e “Ultra”, o 295 dollari (circa 270 euro) all’anno per il servizio BrainBoost, che, secondo un rappresentante di Shazam, “apporta qualità tipicamente senzienti come l’empatia, il ragionamento, la consapevolezza sociale e la consapevolezza di sé“. Entrambi i costi di abbonamento sono zero per il primo anno, ma si attivano automaticamente quello dopo. Senza l’abbonamento a BrainBoost, il collare produce solo una voce generica e perde le sue qualità dinamiche, quindi se si vuole ottenere la migliore esperienza, bisogna continuare a pagare la quota annuale di quasi trecento dollari dopo la fine del primo anno gratuito. I collari sono già disponibili per il preordine, ma l’azienda afferma che le spedizioni non inizieranno prima di febbraio 2025.
Oltre a dare apparentemente al vostro cucciolo il potere della parola, Shazam ha anche altri usi più pratici, in particolare una serie di funzioni di sicurezza che ogni padrone sarebbe grato di avere. Il microfono e i sensori del collare sono in grado di individuare i serpenti a sonagli ascoltando i rumori dell’ambiente circostante, o di rilevare l’allontanamento dell’animale. Quando si verifica una di queste condizioni, il proprietario ricevere un avviso. Il collare può anche tenere traccia delle routine degli amici pelosi, ad esempio è in grado di rilevare quando cane o gatto stanno mangiando. Può essere utilizzato, quindi, per capire quando viene saltato un pasto, e attivare il bot vocale per creare un reminder. Naturalmente, va considerato che il vostro animale da compagnia indossa un microfono sempre acceso e le relative preoccupazioni sulla privacy che ne derivano. Tuttavia, la sicurezza e il benessere dei nostri cani e gatti costituiscono una valida giustificazione.
Tuttavia, il punto di forza di Personifi resta il chatbot. Chatbot, forse, non è proprio il termine giusto. Shazam non utilizza una voce sintetizzata creata da un’intelligenza artificiale come quella del servizio Eleven Labs: tutte le sue linee vocali sono, infatti, preregistrate. Ci sono 27 “personaggi” tra cui scegliere, ognuno con una propria personalità e interpretato da un doppiatore umano. Quando si imposta il collare, si sceglie un personaggio per il proprio animale domestico e se si desidera cambiarlo con uno degli altri in un secondo momento, il costo è di 99 dollari (circa 90 euro). Personifi sostiene che ognuno contempla circa 8.000 battute di dialogo, con l’intenzione di aggiungerne altre. Si tratta di un sacco di dialoghi, certo, ma ciò significa che le voci di Shazam funzionano più come quelle di un Npc (un personaggio non giocante) di un videogioco che come quelle di un chatbot dinamico e in evoluzione.
McHale afferma che la sintetizzazione vocale arriverà probabilmente anche su piattaforma, in modo che il collare possa fare cose come commentare il punteggio di una partita di calcio mentre la si guarda in televisione. Le voci sono molto alla Dr. Dolittle, usano frasi spiritose e fanno battute. I personaggi sono sciocchi o carini, fastidiosi o spiazzanti. Stranamente, sono tutti identificati tramite illustrazioni di avatar umani sul sito web. Uno di questi si chiama Bella, e Shazam la raffigura come una bambina che descrive con tag come “coccolona” e “buffa”; un altro si chiama il dott. Gates, uno scienziato sorridente in camice da laboratorio accompagnato dai tag “ama i bambini” e “premio Nobel”. Le classiche personalità da animali domestici…
McHale afferma che i personaggi sono stati creati per offrire varietà, ma anche per allinearsi ai tipi di personalità comuni che le persone tendono ad associare agli animali da compagnia. “Abbiamo fatto un’indagine di mercato, e quasi tutti gli interpellati hanno un’idea abbastanza precisa della personalità del proprio animale. È sorprendente” sostiene McHale. È possibile personalizzare ulteriormente le caratteristiche nell’app. Una serie di impostazioni consente, infatti, di modificare il livello di espansività, rendere la voce più o meno ironica, assegnare la capacità di fare riflessioni profonde. È possibile cambiare i valori dell’animale, come la compassione, la giustizia e il coraggio. Si possono impostare credenze religiose, capacità di perdonare, opinioni su libertà, fato e destino. È possibile assegnare un’opinione sulla politica e su tematiche sociali. La quantità di opzioni per la personalizzazione è davvero vertiginosa, ma non è chiaro quanto queste impostazioni cambieranno ciò che il vostro animale domestico dice quando vi implora di lasciarlo andare fuori a fare i suoi bisogni.
McHale mi ha mostrato una demo del collare Shazam durante una conversazione su Zoom. Il suo labrador Roscoe, il bravo cagnone sopravvissuto al morso di un serpente, indossa il collare mentre si trova in una stanza con McHale e alcuni rappresentanti di Personifi. Uno di loro gli porge dei bocconcini a Roscoe e gli parla, e il collare risponde con la voce del doppiatore Bobby Johnson, alias The RxckStxr.
“Roscoe, come ti senti?“, chiede.
“Potrei bere anche 3-4 litri d’acqua“, risponde il collare di Roscoe.
“Ecco perché non vuoi andare a caccia di scoiattoli. Non hai bevuto per tutto il giorno. Vergogna. Però ti voglio bene lo stesso, Roscoe” replica l’umano.
“Portami a fare una passeggiata e potrai dirmi quanto mi vuoi bene”, conclude la voce assegnata a Roscoe.
È divertente: ciò che Roscoe dice non corrisponde a ciò che sta facendo. A me sembra che non gli importi molto di bere l’acqua. Invece, si è concentrato intensamente sulle prelibatezze presenti nella stanza. Se avesse potuto esprimere i suoi pensieri in quel momento, avrebbe detto qualcosa come: “Vedo che hai un bocconcino. Per favore, dammelo subito!”. Alcuni scenari funzionano meglio di altri. In un altro esempio, un rappresentante gioca al tiro alla fune con Roscoe. I sensori del collare percepiscono che si sta svolgendo un’attività ludica e la “voce” stravagante di Roscoe dice: “Cancella i tuoi programmi, voglio giocare tutto il giorno!” e prosegue con alcuni grugniti e ringhi.
E i gatti?
La libreria di dialoghi del collare può essere in grado di approssimare le personalità semplici e sovradimensionate della maggior parte dei cani. I gatti, l’altro target di riferimento, sono un’altra cosa. Conversare con i mici è più complicato. Daniel “Dq” Quagliozzi è uno specialista dell’addestramento e del comportamento felino che gestisce Go Cat Go, un servizio di consulenza per proprietari di mici a San Francisco. Afferma che spesso le persone fraintendono ciò che i gatti vogliono veramente, e non è detto che un collare parlante possa aiutare a superare la barriera della comunicazione, senza contare che i gatti possono essere restii a indossarlo.
“Realisticamente“, sostiene Quagliozzi, “il collare non farebbe altro che ripetere per tutto il tempo ‘toglietemi questo stramaledetto collare’”. È già abbastanza difficile ottenere una risposta diretta dal proprio animale domestico, ma dotarlo di un marchingegno che estrapoli le reazioni dedotte da un collare carico di sensori non sembra il modo più efficiente per riuscirci. Probabilmente avrete visto i post virali su Instagram che mostrano cuccioli mentre premono pulsanti che attivano frasi specifiche. L’idea è che gli animali stiano imparando a comunicare con i loro padroni. In realtà, più che capire il significato di ogni singolo pulsante, gli animali domestici probabilmente stanno solo premendo quelli che producono la reazione maggiore (o la garanzia di un premio) da parte del padrone. Shazam si scontra con un problema simile. Gatti e cani non capiscono granché del linguaggio umano, così come noi non capiamo sempre perché stiano miagolando o abbaiando.
“Il vero beneficio del legame è per l’uomo“, afferma McHale, “Si tratta di un’attività che riguarda l’essere umano, il quale si persuade che il suo animale sia più sicuro e meglio compreso”. I migliori chatbot, anche quelli che si avvalgono di esperti in LLM, non capiscono ancora cosa dicono gli umani; sono solo molto bravi a generare risposte che ci fanno credere di essere capiti. Quando si ricorre alla mimica per dare voce a un’altra creatura vivente, nemmeno l’animale domestico capisce cosa significhi: sentirà la stessa voce, ma non la interpreterà come propria, che esprime le proprie intenzioni. La sentirà come un’entità completamente separata, solo più vicina alle sue orecchie del solito.
McHale immagina un mondo in cui i cani che indossano i collari Shazam si incontrano al parco e mentre si annusano e abbaiano, un paio di chatbot con voce umana chiacchierano dai loro collari. Quagliozzi, invece, si preoccupa del lato oscuro del dare voce agli animali domestici. Teme che possa portare a un aumento dei video sui social che le persone ritengono innocui ma che sono potenzialmente dannosi per i loro felini. “È una delle cose contro cui combatto costantemente: le persone che usano i loro felini come oggetti di scena per fare cose divertenti. Così facendo li spaventano o semplicemente creano fiction basate sul modo in cui sanno che un gatto reagirà a qualcosa di traumatico. Dare loro una voce buffa da cartone animato può andare fuori controllo” spiega Quagliozzi.
Le funzioni del collare Shazam che si concentrano sulla sicurezza e sul benessere dell’animale sono lodevoli. Rilevare un serpente a sonagli potrebbe rivelarsi un salvavita. E se è necessario che un cane lanci un impertinente “Ehi amico, è l’ora delle crocchette!” per ricordare al padrone di dargli da mangiare, ben venga. Tuttavia, un chatbot al collo del vostro cane probabilmente non approfondirà il vostro legame. L’esigenza di capire i propri animali domestici è naturale, ma esistono modi migliori per assicurarsi che i loro bisogni siano soddisfatti, che farli parlare la vostra lingua. La migliore conversazione con il vostro animale non è fargli pronunciare battute impertinenti, ma incontrarlo al suo livello. “Ci ostiniamo a cercare di alzare sempre il tiro, anche solo di un po’”, osserva Quagliozzi, “Il motivo è lo stesso per cui vogliamo i robot, per cui vogliamo la compagnia dall’intelligenza artificiale. Gli esseri umani si sentono soli, e vogliono qualcuno con cui parlare”.
Questo articolo è apparso originariamente su Wired US.
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