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Il Consiglio di Stato salva i cervi dell’Abbruzzo

Accolto il ricorso delle Associazioni

Grande vittoria delle associazioni che hanno illustrato davanti al massimo organo di giustizia amministrativa le loro ragioni a difesa dei cervi, ottenendo un riscontro positivo. Questa pronuncia potrà rappresentare un importante precedente per il futuro.

I cervi d’Abruzzo sono salvi. Il Consiglio di Stato infatti ha accolto il ricorso presentato dalle associazioni LAV, LNDC Animal Protection e WWF Italia e ha confermato la sospensione della delibera della Giunta Regionale che disponeva l’uccisione di 469 cervi, cuccioli compresi. La vicenda aveva suscitato grande indignazione anche al di fuori del mondo animalista e ambientalista, raccogliendo appelli da parte di numerose personalità dell’arte e della cultura, oltre a 136mila firme con una petizione online e decine di migliaia di e-mail di protesta inviate dai cittadini all’amministrazione regionale.

“Si tratta di un precedente importante per chiarire che la programmazione venatoria deve essere fondata su dati certi, raccolti nelle modalità previste dalla legge. Cosa che non è avvenuta in questo caso, come conferma questa pronuncia del Consiglio di Stato. Una pronuncia che potrà valere anche per altre Regioni e riguardanti altri animali”, afferma Michele Pezone, l’avvocato che ha curato il ricorso presentato da LAV, LNDC Animal Protection e WWF Italia.

Animali che rischiavano di essere uccisi senza un valido motivo

LAV, LNDC e WWF esprimono soddisfazione per il risultato ottenuto in difesa di animali che rischiavano di essere uccisi senza alcun motivo reale, se non per fare l’ennesimo regalo alla lobby venatoria che rappresenta un bacino elettorale importante per una certa parte politica.

“Il fatto che il Consiglio di Stato abbia ritenuto valide le nostre ragioni ci riempie di soddisfazione perché è la dimostrazione che eravamo e siamo nel giusto. Il Consiglio di Stato rimane un baluardo di legalità e di rispetto delle norme, sempre prezioso quando si tratta di arginare politiche che vanno contro gli animali e l’ambiente. Dedichiamo questa vittoria alle centinaia di migliaia di cittadini che hanno sostenuto le nostre iniziative a favore dei cervi abruzzesi e ai milioni di turisti che ogni anno affollano la Regione attratti dalla sua natura e dagli animali selvatici che la popolano”, dichiarano le Associazioni.

fonte

Clonereste il vostro animale domestico dopo la morte?

Migliaia di persone lo fanno già, rivolgendosi a un’azienda specializzata. Una sua dipendente ci ha raccontato come funziona il processo

Nove anni fa, due gattini di razza British longhair appena svezzati salirono su un aereo privato in Virginia per volare verso la loro nuova casa, in Europa. I cuccioli non erano diversi dagli altri, se non per un dettaglio fondamentale: erano stati creati in laboratorio. Gli animali erano cloni: geneticamente identici al loro predecessore, che purtroppo era deceduto.

Alla fine di un processo durato sette mesi e costato 50mila dollari, i gatti sono diventati due dei primi animali domestici a essere clonati a livello commerciale negli Stati Uniti. Dopo di loro sono arrivati un paio di migliaia di cloni di canigatti e cavalli, e ogni anno la lista d’attesa si allunga. È un fatto che non dovrebbe sorprendere: non avete mai desiderato che il vostro animale domestico potesse vivere, se non per sempre, almeno quanto voi? Ora è possibile, più o meno.

Wired US ha parlato con una responsabile del servizio clienti della più grande azienda commerciale di clonazione di animali domestici. Il suo compito è guidare i proprietari di animali domestici attraverso tutto il processo, da quando inviano un pezzo del vecchio animale a quando incontrano quello “nuovo”. Ecco cosa ci ha raccontato.

Come si clona un animale domestico

La metà dei nostri clienti viene da noi dopo che il loro animale è morto. Sono in lutto. Cercano un modo per affrontare il dolore, e quindi si rivolgono a Google: “Cosa si fare il proprio animale muore?” È in questo momento che si imbattono in noi e spesso io sono la prima persona con cui parlano. C’è grande emozione. Sono felice di tenere loro la mano durante il processo, perché quando un animale domestico muore, soprattutto se succede all’improvviso, molte persone non sono lucide. L’autopsia deve essere fatta molto rapidamente.

Dopo il decesso di un animale domestico, le cellule rimangono vitali per circa cinque giorni. Il corpo deve essere refrigerato, ma non congelato, perché il congelamento danneggia le cellule. In genere preferiremmo avere un pezzo dell’orecchio dell’animale deceduto. Il tessuto dell’orecchio è resistente e funziona molto bene. Ma le persone non vogliono pensare al fatto che al loro animale manchi una parte dell’orecchio, quindi a volte è un problema.

Una volta che il campione arriva in laboratorio, il primo passo è far crescere in coltura le cellule dal tessuto, per poi congelarle e conservarle. Quando tutti sono pronti a procedere con la clonazione, trasferiamo alcune di queste cellule al nostro laboratorio a nord di New York.

La clonazione inizia con la creazione di embrioni a partire dalle cellule. Prendiamo un ovulo di una donatrice, rimuoviamo il nucleo e inseriamo una delle milioni di cellule che abbiamo coltivato. C’è uno stimolo elettrico che in pratica fa credere all’ovulo di essere stato fecondato, ma non c’è lo sperma. Questa è la magia della clonazione. Ci vuole molta abilità e una buona coordinazione occhio-mano.

Il laboratorio crea diversi embrioni, che vengono poi trasferiti in uno dei nostri cani o gatti surrogati, appositamente selezionati in modo che siano ottime madri. Con pochi tentativi, avremo un cucciolo di cane o un gattino. E a volte anche di più, perché quando trasferiamo gli embrioni nella madre surrogata è un po’ come la fecondazione in vitropotrebbe nascerne più di uno. Se nascono due o tre cuccioli, il cliente di solito li prende tutti. Ci sono rare occasioni in cui un cliente che ne vuole solo uno, e quindi aiutiamo a piazzare quelli in più. Molte volte va a un nostro dipendente: quasi tutti i nostri dipendenti hanno un animale clonato.

I cani sono molto difficili da clonare. Vanno in calore solo una o due volte all’anno e, a differenza dei gatti, non possiamo indurre le femmine a ovulare. Inoltre, non possiamo congelare gli embrioni. Nel corso degli anni abbiamo perfezionato le dimensioni delle cucciolate. Abbiamo dovuto capire quanti embrioni inserire per ottenere un cucciolo. Nessuno vuole 10 cuccioli, anche se ama molto il suo cane.

Abbiamo sviluppato un metodo per inserire contemporaneamente più embrioni di più cani nella stessa madre surrogata. Così, invece di partorire un chihuahua clonato, una surrogata potrebbe partorire una cucciolata di cui fanno parte un chihuahua clonato, uno yorkie clonato, un pinscher in miniatura clonato. Ai proprietari però questa cosa non piace molto, perché non possiamo sapere esattamente quali embrioni hanno avuto successo finché non vediamo nascere i cuccioli.

Fattore emotivo

Spesso porto io il cagnolino o il gattino al cliente. Ho consegnato un cucciolo ad Aruba, in Europa, in Messico. Io piango e pure il proprietario piange.

Abbiamo clienti di ogni estrazione sociale. Ci sono le celebrità, le persone molto ricche e le persone comuni. Molti dei nostri clienti non hanno figli. Non devono pagare una retta universitaria o un matrimonio. Il loro animale domestico è loro figlio.

Nella maggior parte dei casi, le persone non vogliono raccontare ad altri di aver clonato i loro animali, perché hanno paura di essere derisi. Alcuni non lo dicono nemmeno al veterinario. Non lo dicono alla famiglia. Ho avuto un cliente che ha detto alla sua famiglia di aver adottato un gatto molto simile. Ci piace descrivere un clone come un gemello, solo nato in un momento diverso. Non è così spaventoso se ci pensi in questi termini.

Una delle domande più frequenti che ricevo è: “La personalità sarà la stessa?” Alcune persone sentono la mancanza del loro cane e lo rivogliono indietro. Cerco di prepararli, in modo che non si aspettino che il cane sia lo stesso. Sono geneticamente legati – anche dal punto di vista del temperamento, dell’intelligenza e di parti della personalità – ma il nuovo animale avrà esperienze diverse. Il cane non saprà subito chi siete. Alcuni proprietari dicono che è come se il loro vecchio animale avesse avuto un figlio. Penso che le persone siano felici di questo.

Io ho un cane clonato. L’originale, Zeus, era il cane di mio marito. L’ho conosciuto quando aveva tre anni. Io e Zeus avevamo un rapporto di amore e odio, a dire il vero. Aveva problemi di aggressività. Era testardo. Ogni volta che cucinavo in cucina, si metteva sotto i miei piedi, io lo urtavo e lui mi mordeva i piedi. Ma aveva un carattere molto dolce quando non mordeva. Zeus ha vissuto fino ai 13 anni. Abbiamo conservato le sue cellule prima che morisse. Il clone si chiama Deuce. Sto a casa con Deuce tutto il giorno, quindi ha legato con me. Sono la sua persona preferita. Più invecchia, più assomiglia a Zeus. Ma Zeus era grigio e io lo ricordo soprattutto vecchio e debole. È stato davvero incredibile incontrarlo di nuovo, sotto forma di cucciolo.

Questo articolo è apparso originariamente su Wired US.

I nuovi animali da fiuto sono i ratti giganti: addestrati per fermare il contrabbando

FONTE: Focus

Avrete sicuramente sentito parlare di cani da fiuto, ma ci sono anche altri animali che potrebbero svolgere lo stesso compito: quello di individuare odori specifici e segnalarli a noi umani.

La nuova frontiera di questo mestiere fondamentale sono i ratti, per la precisione i ratti giganti africani (Cricetomys ansorgei), che l’associazione APOPO sta addestrando da anni a eseguire vari compiti. L’ultimo in ordine di tempo è la ricerca olfattiva di animali esotici (o parti degli stessi) che vengono contrabbandati negli aeroporti di tutto il mondo: un primo tentativo di addestramento andato a buon fine è raccontato in uno studio pubblicato su Frontiers in Conservation Science.

Fiuto da ratto. C’è un motivo semplice per cui i ratti giganti africani sono stati scelti (ormai da qualche anno) come potenziali sostituti dei cani: hanno un olfatto eccezionale, e sono abbastanza intelligenti da poter venire addestrati a svolgere compiti di ricerca e segnalazione. Senza contare che, rispetto ai cani, i ratti sono di dimensioni più ridotte (per quanto possano sfiorare il metro di lunghezza, coda compresa) e possono quindi infilarsi in spazi più stretti.

Sono già stati utilizzati in passato per operazioni di sminamento ma anche per individuare certi batteri responsabili della trasmissione della tubercolosi; il team di APOPO ha dunque deciso di verificare se fosse possibile insegnare loro a riconoscere gli odori di certe specie animali.

Laurea a pieni voti. La prima tornata di addestramento ha coinvolto 11 ratti, 8 dei quali alla fine del percorso si sono laureati a pieni voti in detection olfattiva. Percorso che ha previsto anche insegnare loro a interagire con un umano, segnalandogli un odore sospetto: i ratti hanno imparato a riconoscere le quattro specie campione (pangolinielefantirinoceronti e anche una specie di albero africana), e a individuare il loro odore in mezzo a centinaia di altri aromi potenzialmente distraenti (i contrabbandieri usano materiali odorosi per mascherare la loro merce, soprattutto chicchi di caffè e candeggina).

Il prossimo passo sarà armarli di una piccola tuta con un campanello appeso al collo: i ratti impareranno che, quando individuano un odore, devono suonarlo, per attirare l’attenzione del collega umano. Finora, comunque, si tratta di esperimenti condotti in laboratorio: la vera prova sarà la loro prima uscita sul campo.

FONTE

Chi ricorda Cyberdogs Magazine?

Nel 1999 io come giornalista e mia figlia Giovanna come grafica, abbiamo dato vita ad un giornale on line che parlava di cani, di razze, di rapporti tra umani e animali, di veterinaria, di educazione cinofila, di ricette, di storie e poesie ….

La nascita del giornale era dovuta soprattutto al grande amore che avevamo per Rhoda, la nostra prima schnauzer gigante che aveva avuto il pregio di inondarci con il suo amore e di cambiare le nostre vite in un momento davvero difficile.

Il giornale ebbe un grande successo, i siti WEB erano agli albori ma, nonostante questo ricevemmo tantissime adesioni, fece tanto successo soprattutto la rubrica di del concorso fotografico, un successo che venne riverbato anche negli USA.

Oggi, per curiosità, ho cercato il sito che ci aveva contattato per fare una intervista e l’ho trovato: si tratta di TWO DOGS PRESS. Sul giornale USA ho trovato la mia intervista, proprio in relazione al nostro Cyberdogs Magazine.

Ve la ripropongo in lingua originale e tradotta. Mi sono emozionata rileggendola, qualcuno di voi si ricorda del glorioso CYBERDOGS MAGAZINE?

Why Cyberdogs Magazine

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Manuela Valletti, editor of the Milan, Italy-based Cyberdogs Magazine. We asked Ms. Valletti to share her thoughts (in English and her native Italian) on what motivates her to publish a dog magazine.

With Giovanna as art director, and myself as editor, we have begun our adventure. In only a short time, our publishing project has become a success. We received numerous dog photos for our first contest and our foreign readers insisted on an English version of the magazine. Our English is not perfect, but we chose to “dare” to satisfy our readers, hoping they would forgive us a few grammatical errors. We soon found that was the right decision.

Over the past few months, our newspaper has grown: now we have an online Forum (in Italian and English), two weekly ezines (Vet News and Training News) that enable us to answer all the letters our vet and trainer receive. And both Italian and foreigners writers are happy to collaborate with us. We have inaugurated a &quotCLUB of the ART” where we showcase the work of artists who choose dogs as their subject. In this Club, you will find all styles of art. We have a weekly news sector update, two contests (one for Christmas called &quotKids Design Pets” and a &quotphotoshow”), a rescue sector to help dogs in need, humor columns, and more.

The job of publishing Cyberdogs Magazine is demanding, but we approach it enthusiastically. When we look at Rhoda and we feel full of tenderness for her, we know that the Magazine is an excellent tool for sharing some of our happiness with others.

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Se ci chiedete chi è il responsabile della nascita di Cyberdogs Magazine, noi dobbiamo rispondervi:Rhoda la nostra dolcissima Schnauzer Gigante di tre anni.E’ stato il grande amore che mia figlia Giovanna ed io abbiamo per lei a darci l’idea di creare una giornale che parlasse al cuore degli amanti dei cani. Lo scorso gennaio questa idea si è concretizzata, abbiamo cercato e trovato bravissimi collaboratori che hanno condiviso da subito la nostra linea editoriale, tra questi un veterinario molto in gamba ed un eccellente educatore cinofilo.

Con Giovanna, come Art Director e io stessa come editore abbiamo cominciato la nostra avventura. Ci siamo subito resi conto che avremmo avuto successo. Le foto per il nostro concorso fotografico erano moltissime e molti lettori stranieri ci chiedevano di tradurre il giornale in inglese. Il nostro inglese non è perfetto, ma abbiamo deciso di &quotosare” per far contenti i nostri lettori. E’ stata la scelta giusta.

Negli ultimi mesi il nostro giornale è cresciuto: ora abbiamo un Forum on line (in italiano e in inglese, due e-zine settimanali (Vet News e Training News) che permettono al veterinario e all’educatore di rispondere a tutte le lettere che ricevono. Scrittori Italiani e stranieri sono contenti di collaborare con noi. Abbiamo inaugurato un CLUB dell’ARTE, dove presentiamo i lavori di artisti che hanno scelto il cane come loro soggetto. In questo Club, potete trovare tutti gli stili di arte. Abbiamo anche un settore per le notizie, aggiornato settimanalmente e due concorsi: uno per il prossimo Natale &quotI Bambini disegnano gli animali” e il Photoshow, un settore per le Associazioni che aiutano i cani in difficoltà, humor, e molto altro ancora.

Il lavoro di pubbllicazione del Giornale è molto gravoso, ma noi lo facciamo con entusiasmo. Quando guardiamo Rhoda e ci sentiamo pieni di tenerezza per lei, noi sappiamo che il Magazine è uno strumento eccellente per trasmettere un po’ della nostra felicità agli altri.


Cyberdogs Magazine, an online resource for dog lovers published out of Milan, Italy.

Copyright © 1999 by Manuela Valletti.

Laika fu vittima della crudeltà umana

Il 3 novembre del 1957 la piccola Laika fu imbarcata a bordo della capsula spaziale sovieticaSputnik 2 diventando così il primo animale ad orbitare intorno alla Terra nonché il primo essere vivente ad essere mandato nello spazio.

Laika aveva 3 anni, il suo nome reale era Kudryavka (in italiano “Ricciolina”), mentre il nome con cui è nota in Occidente deriva da un possibile fraintendimento tra i giornalisti occidentali ed i responsabili della missione, che, facendo riferimento alla razza del cane, indicarono la cagnolina come Laika (nome russo per varie razze di cane simili agli husky). La stampa statunitense la soprannominò Muttnik, unendo il termine inglese per meticcio e la parola Sputnik. 

La capsula Sputnik 2 era attrezzata per il supporto vitale e portava cibo e acqua, ma non prevedeva il rientro, quindi la sorte di Laika era segnata fin dall’inizio della missione. La capsula era inoltre attrezzata con sensori tali da permettere il monitoraggio dei segnali vitali del passeggero come pressione sanguignabattiti cardiaci e frequenza respiratoria.

Dopo il successo dello Sputnik 1 fu subito chiaro che al lancio del primo satellite ne sarebbero subito seguiti altri e si ritenne indispensabile lanciare a breve termine anche degli esseri umani nello spazio. All’epoca erano in via di completamento due satelliti del tipo Sputnik, tuttavia nemmeno uno sarebbe stato pronto prima del 7 novembre 1957: il progetto iniziale di lanciare uno di questi con un essere vivente a bordo il giorno del quarantesimo anniversario della Rivoluzione d’ottobre sarebbe fallito. Si decise pertanto di avviare la costruzione di un quarto satellite meno sofisticato che secondo i piani sarebbe stato pronto e lanciato entro il 7 novembre.

Per quanto riguarda la scelta di Laika, invece, ben poco è stato reso noto. Ancor oggi non si sa quali considerazioni abbiano spinto alla decisione di utilizzare un cane come primo passeggero a bordo di un satellite, anche se è intuibile che le dimensioni ridotte dell’animale possano aver giocato un ruolo fondamentale nella scelta. I cani erano gli animali scelti nell’ambito del programma spaziale sovietico.

Secondo la versione ufficiale, la cagnetta Laika era un cane randagio trovato a Mosca, che all’epoca doveva avere all’incirca tre anni. I reclutatori di cani sovietici iniziarono la loro ricerca con un branco di cani randagi femmine perché le femmine erano più piccole e apparentemente più docili. I primi test determinarono l’obbedienza e la passività. Sempre secondo la stessa versione Laika sarebbe stata un cane meticcio, per metà Husky e per metà Terrier, anche se non poté mai essere stabilita con certezza la razza dei suoi genitori. Per quanto riguarda invece il metodo di selezione e i criteri con i quali si sia deciso di utilizzare proprio lei, non si ebbe mai nessuna dichiarazione ufficiale.

Per le missioni Sputnik si selezionarono in tutto tre cani: Albina, Muschka e Laika. Albina fu la prima ad assolvere un volo suborbitale e sarebbe stata usata in caso di necessità come sostituta di Laika, mentre Mushka venne usata per testare i sistemi vitali della capsula. Tutte e tre le cagnette furono sottoposte a un allenamento intensivo che venne diretto da Oleg Gazenko, colui che aveva scelto Laika come la predestinata al primo volo spaziale ed era responsabile del programma.

Durante la fase di addestramento gli animali venivano abituati a spazi angusti e rimanevano anche per 20 giorni consecutivi in gabbie strettissime. Ciò fece sì che gli animali soffrissero notevolmente sotto un punto di vista psicologico e fisiologico, tanto che Laika cominciò a divenire sempre più irrequieta e per un certo periodo l’addestramento dovette essere sospeso. In una seconda fase gli animali, ma soprattutto Laika, vennero sottoposti a simulazioni di lancio in centrifughe, all’interno delle quali si riproducevano le vibrazioni e i rumori che avrebbero poi caratterizzato il lancio. Durante queste simulazioni si misurarono pressioni del sangue fino a 65 mmHg e un polso che batteva con frequenza quasi doppia. Infine secondo una versione non ufficiale la cagnetta sarebbe già stata messa a bordo del satellite tre giorni prima del lancio. Durante questo periodo l’animale sarebbe stato accudito da due tecnici che avrebbero garantito il suo benessere.

Viste le basse temperature della stagione, la capsula sarebbe stata collegata con un impianto di riscaldamento, che avrebbe mantenuto una temperatura costante all’interno della capsula. Infine, prima del lancio, degli elettrodi sarebbero stati fissati sul corpo dell’animale per trasmettere alla centrale di controllo, i segnali vitali, quali polso, pressione e respirazione. In tutto la capsula pesava 500 kg, ai quali si dovevano aggiungere i sei chilogrammi di peso dell’animale. L’interno del satellite era foderato e lo spazio interno era sufficientemente ampio da permettere a Laika di stare sdraiata o in piedi. La temperatura interna era regolata sui 15 °C e un sistema di condizionamento doveva proteggere l’animale da sbalzi termici eccessivi. A bordo si trovavano quindi ancora cibo e acqua preparati sotto forma di gel.

Il razzo con a bordo Laika venne lanciato il 3 novembre 1957 alle 2:30 dal Cosmodromo di Bajkonur. I dati telemetrici di Laika, inviati dal satellite, rivelarono un polso notevolmente accelerato e si dovette aspettare che la forza di gravità incominciasse a ridursi per notare una diminuzione della frequenza cardiaca. Secondo quanto rivelato da fonti ufficiali, si ricevette per solo sette ore un segnale di vita dalla capsula. La versione ufficiale dell’epoca fornita dal governo sovietico, affermava che Laika sopravvisse per “oltre quattro giorni”. 

Il satellite rientrò in atmosfera 5 mesi più tardi, il 14 aprile 1958, dopo aver compiuto 2.570 giri intorno alla Terra. Un eventuale rientro in orbita terrestre non era possibile dal momento che la capsula non era in grado di rientrare in atmosfera, perché sprovvista di uno scudo termico: il satellite andò così completamente distrutto durante il rientro e, con esso, il corpo di Laika.

Il lancio rappresentò un successo dal punto di vista tecnico, considerando sia le conoscenze tecniche dell’epoca sia il poco tempo messo a disposizione ai progettisti per la costruzione della capsula. La missione di Laika non fu però l’ultima: dopo di lei altri cani furono lanciati nello spazio a bordo di satelliti, e il 20 agosto 1960 le cagnoline Belka e Strelka furono le prime a rientrare sane e salve a terra da una missione spaziale a bordo del satellite Sputnik 5.

Fin qui la cronaca di ció che accadde alla piccola Laika quel lontano 3 novembre di molti anni fa.

All’epoca ero una bambina, ma ricordo perfettamente ciò che accadde e anche il grande dolore che provai quando fu sicuro che la piccola Laika non sarebbe mai tornata.

Laika assomigliava al mio piccolo Leone, anche lui un meticcio, arrivato in casa nostra per caso è rimasto nel mio cuore per sempre.

Forse Laika e Leone ora sono insieme e ci guardano da quel cielo stellato che l’uomo vuole conquistare a tutti i costi, anche sacrificando alle sue mire, esseri viventi innocenti e inconsapevoli.

Manuela Valletti