Un commissario europeo per la salute degli animali

 E’ l’ungherese Olivér Várhelyi, uomo di Orban e dell’estrema destra di Fidesz

resentando la proposta per i componenti  e gli incarichi per la nuova Commissione europea, la presidente Ursula von der Leyen ha annunciato che il benessere degli animali dovrebbe essere incluso nel titolo del nuovo Commissario europeo per la salute, che quindi ora diventerebbe “per la Salute e il Benessere degli animali”

Per Animal Equality Italia, Animal Law Italia, CIWF Italia, ENPA, Essere Animali, Leidaa e LAV si tratta di «Un annuncio dalla valenza storica per il riconoscimento dell’importanza di questo tema e della necessità di trattarlo con maggiore trasparenza, responsabilitá e risorse. E’ inoltre positivo vedere che la competenza del benessere animale rimanga fra i compiti della Direzione Generale SANTE, garantendo quell’approccio One Health che riconosce l’interconnessione tra benessere degli animali, salute pubblica e ambiente».

Per ricoprire l’incarico di Commissario alla salute e al benessere animale la  von der Leyen ha proposto l’ungherese Olivér Várhelyi, attuale commissario europeo per l’allargamento e la politica di vicinato e fedelissimo del premier ungherese Victor Orban e della destra di Fidesz , non certo ambientalista e animalista.

Anche se gli animalisti definiscono l’incaico dato a Várhelyi come qualcosa di storico, Telex riferisce che quando la von der Leyen lo ha annunciato è stato accolto con risatine da parte di molti europarlamentari perché si tratta di un portafoglio debole, visto che la salute è in gran parte di competenza degli Stati membri. Se gli europarlamentari gli daranno il via libera dopo le audizioni, Várhelyi dovrà realizzare «Un’Unione europea della Salute e proseguire il lavoro sul cancro e sull’assistenza sanitaria preventiva», ha detto la von der Leyen.

L’eurodeputato ungherese ) Csaba Molnár della Demokratikus Koalíció (Socialisti e Democratici), ha commentato: «Questo è il punto in cui Orbán e il suo partito hanno portato l’Ungheria. Zero influenza, uno zimbello. Al commissario ungherese verrà assegnato l’incarico meno importante. Questo incarico non esisteva nemmeno prima, è stato creato appositamente per umiliare Orbán. L’uomo di Orbán alla Commissione europea sarà un subordinato del commissario rumeno, un’indicazione del posto di Orbán in Europa».

Ma il ministro ungherese per gli affari europei, János Bóka, ha elogiato su Faceboock il lavoro di Várhelyi: «E’ grazie al successo di Várhelyi che questo (il suo precedente portafoglio) è oggi uno dei portafogli più popolari. Il fatto che l’area che ha supervisionato sarà occupata da tre commissari nella nuova Commissione è un’indicazione della sua etica lavorativa».

La realtà è che  Várhelyi è stato ritenuto non più compatibile con il precedente incarico per la politica filorussa di Orban dopo l’invasione dell’Ucraina e perché avrebbe tentato di facilitare l’adesione di Paesi vicini alla destra di Orban e di ostacolare quella di Paesi più democratici.

Ma tutte queste polemiche non sembrano interessare molto le associazioni animaliste che in un comunicato congiunto evidenziano che «La richiesta di un Commissario esplicitamente dedicato al benessere degli animali è in linea con le richieste di 310.000 cittadini, di oltre 200 parlamentari europei nel mandato 2019-24 e già oltre 100 nel presente mandato, risultati ottenuti grazie alla campagna #EUforAnimals promossa dall’associazione belga GAIA – membro attivo di Eurogroup for Animals – e a cui hanno aderito decine di associazioni in tutta l’Ue, comprese le italiane Animal Equality Italia, Animal Law Italia, CIWF Italia, ENPA, Essere Animali, Leidaa e LAV.  Ad oggi sono già oltre 100 i neo eletti parlamentari europei che hanno deciso di aderire alla campagna e sottolineare quindi come il nuovo Commissario sarà fondamentale per garantire la pubblicazione della a lungo promessa revisione della legislazione europea sul benessere degli animali. Il loro impegno sarà ancora cruciale nelle prossime settimane, per assicurare che questa proposta sia confermata durante le audizioni e nei voti parlamentari».

Le 7 associazioni sottolineano che «Il lavoro del nuovo Commissario responsabile per il benessere degli animali sarà anche importante per incoraggiare maggiore ambizione sul benessere animale in altri Commissari, tra cui quello del candidato per l’agricoltura e l’alimentazione che dovrebbe “dare concretezza alla relazione e alle raccomandazioni contenute nel testo finale del Dialogo Strategico sul Futuro dell’Agricoltura dell’UE”. Il report finale di quest’ultimo raccomanda esplicitamente una revisione della legislazione sul benessere degli animali entro il 2026, nonché una transizione verso sistemi senza gabbie. Ma il lavoro del nuovo Commissario includerà anche una stretta collaborazione con i suoi omologhi responsabili per la pesca, il commercio e l’ambiente, tra gli altri, per garantire che la proposta di riforma della legislazione Ue preveda elevati standard di benessere elevati per tutti gli animali in tutte le aree pertinenti».

Gli animalisti italiani concludono: «E’ davvero importante vedere che finalmente la Commissione Ue ascolta le richieste dei cittadini. Le associazioni per la protezione degli animali lavorano da anni per ottenere un Commissario per il Benessere Animale e la notizia di oggi è un segno di speranza. Invitiamo tutti i parlamentari europei ad aderire prontamente alla campagna #EUforAnimals e a sostenere questa proposta nelle audizioni e nei voti delle prossime settimane. L’inclusione del benessere animale nel titolo del nuovo Commissario garantirà che questo fondamentale tema rimanga una priorità in tutte le discussioni pertinenti: ci aspettiamo che la revisione della legislazione sul benessere degli animali sia il primo fascicolo da trattare grazie a questa fondamentale novità».

Ma, come per gli altri commissari Ue proposti, la nomina di Várhelyi è soggetta ad approvazione da parte del Parlamento europeo nelle prossime settimane e sarà difficile che gli europarlamentari siano ben disposti verso un politico di estrema destra che recentemente li ha definiti idioti.

Chiara Ciprio

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Eutanasia animali sani, “anche uno è di troppo”

La delusione di chi sostiene la proibizione per legge della soppressione di animali da compagnia senza patologie – L’iniziativa è stata bocciata dal Gran Consiglio per un pugno di voti

Per una manciata di voti, 41 voti contro 31, il Gran Consiglio ticinese ha fermato lunedì un iter che avrebbe portato a Berna la proposta di proibire l’eutanasia di animali da compagnia sani.

Una pratica che in Italia e in Germania è proibita e perseguibile, ma non in Svizzera. E lo rimarrà ancora in futuro, visto che il Parlamento ticinese ha tentennato su un dato che non c’è. Non esiste infatti una statistica su quanti animali da compagnia, sani o non sani, vengono soppressi in Ticino dai veterinari.

“Sono numeri che hanno solo i veterinari e spesso sono restii a dare – dice Nash Pettinaroli, presidente dell’associazione AnimalLife – Non lo sappiamo, ma, dal canto mio, anche uno è di troppo”. AnimalLife è tra i promotori della petizione che ha raccolto oltre 30’000 firme e dato la spinta all’iniziativa cantonale. “Non è accettabile – prosegue Pettinaroli – che si pratichi l’eutanasia su un animale domestico unicamente perché c’è di mezzo un divorzio, un trasloco o un problema comunque risolvibile e relativo solamente alla persona, non all’animale”.

Per il veterinario cantonale Luca Baccarini una modifica di tale legge anche in futuro potrebbe risultare di non facile gestione. “Ci sono situazioni in cui per salvaguardare la dignità e il benessere animale è preferibile l’eutanasia che nel 99,9% dei casi è sempre una decisione sofferta da parte del detentore dell’animale”. Secondo lui, una nuova normativa “porterebbe magari delle situazioni in cui il veterinario si rifiuta di fare l’eutanasia per paura poi di essere denunciato per maltrattamento o denunciato in base a quello che potrebbe essere un nuovo articolo della legge federale sulla protezione degli animali”.
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Gatti criminali? In Svizzera stanno pensando di limitarli

Ratti, pipistrelli, uccelli, arvicole, lucertole e orbettini: questi sono alcuni dei regali, in vari livelli di sopravvivenza, con cui mia moglie e io abbiamo avuto a che fare nel corso degli anni grazie a Sam. Dato che un terzo delle specie di uccelli svizzeri è in pericolo, una percentuale superiore a quella di molti altri Paesi, gli ambientalisti chiedono ora che si faccia qualcosa per limitare la popolazione di gatti in Svizzera e ridurre così la minaccia che questi rappresentano per la biodiversità. 

Circa due milioni di gatti si aggirano per la Svizzera (che conta nove milioni di abitanti). Di questi, un decimo sono senzatetto e selvatici, secondo le stime della fondazione per i diritti degli animali Tier im RechtCollegamento esterno. Il restante 90%, la cui maggioranza ha accesso all’aria aperta, fornisce compagnia e svago a milioni di persone. Secondo il quotidiano Neue Zürcher ZeitungCollegamento esterno (NZZ), però, questi felini in Svizzera uccidono ogni anno circa 30 milioni di uccelli e mezzo milione di rettili e anfibi. 

L’Associazione svizzera per la protezione del clima (Klimaschutz Schweiz) è entrata nel dibattito e ha iniziato a raccogliere idee per un’iniziativa sul tema. Una delle idee presentate in un recente incontro, che per sua stessa ammissione si concentra più sulla biodiversità che sul clima, è una moratoria di dieci anni sull’importazione e l’allevamento di gatti. 

Anche l’organizzazione per la conservazione della natura Pro Natura ha riflettuto sulla delicata questione. “Si potrebbe far indossare loro dei collari che emettono un rumore, tenerli in casa per alcune settimane durante la principale stagione di riproduzione [degli uccelli] – ma questo sarebbe difficile da attuare – o sterilizzare sistematicamente i gatti per limitare il loro istinto di caccia”, ha dichiarato alla NZZ il direttore di Pro Natura Urs Leugger-Eggimann. 

Secondo la mia esperienza, mettere un campanello al collo del nostro gatto nero ha solo migliorato le sue già ottime capacità di caccia e lo ha trasformato in un ninja letale. Tenerlo agli arresti domiciliari, però, sarebbe stato penoso per tutti. Ma questo non ha fermato la città tedesca di Walldorf. 

A Walldorf i gatti non possono uscire senza guinzaglio dall’inizio di aprile alla fine di agosto. Questa misura, attualmente in vigore per il 2023, 2024 e 2025, serve a proteggere l’allodola crestata che nidifica al suolo e che rischia l’estinzione. I proprietari di gatti rischiano multe di 500 euroCollegamento esterno (470 franchi), che possono arrivare fino a 50’000 euro se l’allodola viene ferita o uccisa. 

Non sorprende che molti proprietari di gatti di Walldorf – per non parlare dei gatti – non siano impressionati. “Il mio gatto Tchaikovsky viene da una fattoria. Se non lo faccio uscire, impazzisce”, ha dichiarato un residente al tabloid tedesco BildCollegamento esterno l’anno scorso. “Comunque, è troppo pigro per andare a caccia”. 

Libertà di circolazione dei gatti 

Circa il 44% delle famiglie nell’UECollegamento esterno ha un animale domestico e il numero non dovrebbe essere molto diverso in Svizzera. Da parte sua, l’UE ha fatto sapereCollegamento esterno di essere “un forte difensore dei diritti di libera circolazione, compresi quelli dei gatti” e ha negato “categoricamente” di voler obbligare questi felini a stare in casa o al guinzaglio. 

Mentre negli Stati Uniti il 70% dei proprietari di gatti, preoccupati soprattutto dalla presenza di coyote e dal traffico, tiene i propri gatti in casa (contro il 35% della fine degli anni ’90), nel Regno Unito circa il 70% dei proprietari lascia uscire i propri amici a quattro zampe, una percentuale simile a quella di altri Paesi europei. “L’accesso all’aria aperta è considerato un bene per il benessere dei gatti, una posizione condivisa da enti di beneficenza [britannici] come Cats Protection e Battersea Dogs & Cats Home, e ci sono pochi predatori di cui preoccuparsi”, riporta il GuardianCollegamento esterno

Mettendo le cose in prospettiva, il direttore di Pro Natura Urs Leugger-Eggimann ha sottolineato che i gatti non sono la più grande minaccia per la biodiversità. “I cambiamenti climatici, l’espansione delle aree di insediamento e l’uso intensivo dell’agricoltura sono molto più problematici”, ha affermato. 

Minacce di morte 

Nonostante le numerose sfide, sono stati fatti altri tentativi per limitare la popolazione felina in Svizzera. 

In Argovia, Thomas Baumann, del partito dei Verdi, ha chiesto che cani e gatti siano trattati allo stesso modo: il chip per i gatti e la registrazione dovrebbero essere obbligatori. Spera che il costo della capsula sottocutanea – circa 100 franchi svizzeri – riduca il numero di felini “acquistati per capriccio”, ha riportato l’Aargauer Zeitung a marzoCollegamento esterno

“Chiunque è stanco di un gatto domestico può abbandonarlo in qualsiasi momento senza essere ritenuto responsabile”, ha detto Baumann, un agricoltore biologico. I problemi legati al randagismo si stanno aggravando. Tra questi, le lotte feline per il territorio e la rivendicazione da parte dell’umanità di una maggiore protezione della biodiversità. “Ci sono sempre più richieste alla politica di affrontare questo problema”. 

Alcune personalità politiche stanno effettivamente indossando la loro armatura e si stanno facendo avanti. Nella città di Berna, Thomas Hofstetter del Partito liberale radicale (PLR, destra) ha proposto l’introduzione di una tassa per i gatti all’aperto. “Sarebbe la soluzione più efficace”, ha dichiarato alla NZZ. “Da un lato, aumenterebbe le restrizioni per il possesso di un gatto e, dall’altro, gli introiti generati potrebbero essere utilizzati per proteggere la biodiversità secondo il principio ‘chi inquina paga’”. 

Tuttavia, come ha osservato l’Aargauer Zeitung, usando un eufemismo, “la questione è polarizzante”. 

Nel 2013, alcuni ricercatori e ricercatrici hanno analizzato il numero di uccelli uccisi dai gatti negli Stati Uniti ogni anno. I loro risultatiCollegamento esterno – fino a quattro miliardi di esemplari (per lo più uccisi da gatti selvatici) – hanno certamente “arruffato pellicce e piume”, come ha scritto il National GeographicCollegamento esterno.

“I media hanno messo gattare e gattari contro gli uccellatori, chi sostiene i diritti degli animali contro chi si batte per l’ecologia e i proprietari di animali domestici contro gli accademici”, si legge nel documento. “Uno dei ricercatori ha scritto un libro, Cat Wars, che non ha esattamente appianato le cose, e ha raccontato di aver ricevuto minacce di morte”. 

“Nessuno vuole scottarsi” 

Che i gatti rappresentino un pericolo per alcuni animali selvatici non sembra un tema del tutto campato in aria. Tutti sanno che i gatti sono predatori. Ma le politiche e i politici svizzeri, forse consapevoli del fatto che quasi la metà delle famiglie del Paese possiede un animale domestico, sembrano comprensibilmente riluttanti a essere visti come anti-gatti. 

Tuttavia, la guida alla biodiversità della città di BernaCollegamento esterno contiene un consiglio inequivocabile: “Non prendete un gatto domestico”. La NZZ osserva che, in risposta all’iniziativa di Thomas Hofstetter, il municipio della città di Berna ha dichiarato che l’obbligo di mettere il guinzaglio ai gatti e il divieto di tenere questi animali all’aperto sarebbero misure efficaci, ma non vuole imporre alcun requisito vincolante. È “difficile immaginare” che queste misure siano “socialmente accettate”, ha dichiarato. Dopo tutto, i gatti sono “compagni di vita”. 

“È affascinante”, ha detto Hofstetter. “Nessuno vuole scottarsi su questo argomento. I gatti sono semplicemente troppo popolari”. 

FONTE

A cura di Samuel Jaberg/ds

Tradotto da Marija Milanovic con l’aiuto di DeepL

Danni causati da fauna selvatica, è possibile chiedere un indennizzo

Cinghiali, caprioli, cervi, stambecchi, istrici, fagiani, volpi, lepri: la fauna selvatica è una delle ricchezze del nostro Paese, ma sulle strade può rappresentare un rischio per gli automobilisti e i motociclisti che incrociano questi animali sul loro percorso.

Il loro comportamento, infatti, è imprevedibile e l’aumento della popolazione di alcune specie è correlato con un incremento del numero di incidenti. Come nel caso dei cinghiali: il loro numero è cresciuto del 15% durante la pandemia, superando i 2 milioni di esemplari (solo 10 anni fa erano la metà) con un corrispettivo aumento del numero dei sinistri. Secondo l’Osservatorio Asaps, infatti, «il tragico bilancio dell’anno del Covid, è di un incidente ogni 48 ore. Con 16 vittime e 215 feriti, a causa di cinghiali e animali selvatici che attraversano strade e autostrade». Solo nel 2019, oltre 10.000 persone sono rimaste coinvolte in un incidente stradale con un animale selvatico.

Ma chi è responsabile in questi casi? È previsto un risarcimento del danno per un sinistro dovuto alla fauna selvatica? E, soprattutto, come richiederlo? Ecco tutto quello che è importante sapere.

In caso di danno causato da fauna selvatica, il risarcimento va richiesto all’Ente a cui sono stati affidati concretamente i poteri di gestione e di controllo del territorio e quindi degli animali selvatici che si trovano sul territorio.19 dic 2023

Incidente stradale con animali selvatici: chi è responsabile?

La fauna selvatica è considerata patrimonio dello Stato: per questo, la legge ne affida la gestione alle Regioni, che è responsabile dei danni da essa cagionati in base all’articolo 2052 del Codice Civile e la sentenza della III sezione della Corte di Cassazione depositata il 20 aprile 2020 n. 7969. È compito delle amministrazioni regionali, quindi, predisporre le misure adeguate per prevenire gli incidenti stradali dovuti alla presenza di animali e, eventualmente, incaricare enti o società terze della messa in atto di interventi studiati per limitare i sinistri.

Segnaletica, recinzioni nei punti in cui il passaggio è più frequente, catarifrangenti direzionali che spaventando l’animale con una luce forte e improvvisa al passaggio delle auto e ne stimolano l’immobilizzazione per scoraggiare l’attraversamento, sottopassi o cavalcavia – i cosiddetti “ecodotti” – pensati per poter superare le strade senza entrare nella carreggiata: gli interventi che le Regioni o gli enti da essa incaricati possono realizzare per ridurre al minimo il rischio di incidente sono numerosi.

Secondo la sentenza della Corte di Cassazione n.19332 del 07-07-2023,

nell’azione di risarcimento del danno cagionato da animali selvatici a norma dell’art. 2052 c.c. la legittimazione passiva spetta in via esclusiva alla Regione, in quanto titolare della competenza normativa in materia di patrimonio faunistico, nonchè delle funzioni amministrative di programmazione, di coordinamento e di controllo delle attività di tutela e gestione della fauna selvatica, anche se eventualmente svolte -per delega o in base a poteri di cui sono direttamente titolari- da altri enti; la Regione può rivalersi (anche mediante chiamata in causa nello stesso giudizio promosso dal danneggiato) nei confronti degli enti ai quali sarebbe in concreto spettata, nell’esercizio delle funzioni proprie o delegate, l’adozione delle misure che avrebbero dovuto impedire il danno.

Il danneggiato, continua la sentenza, ha l’onere di dimostrare il “nesso eziologico”, ovvero il nesso di causalità, tra il comportamento dell’animale e il sinistro, mentre la Regione deve fornire

la prova liberatoria del caso fortuito, dimostrando che la condotta dell’animale si è posta del tutto al di fuori della propria sfera di controllo, come causa autonoma, eccezionale, imprevedibile o, comunque, non evitabile neanche mediante l’adozione delle più adeguate e diligenti misure – concretamente esigibili in relazione alla situazione di fatto e compatibili con la funzione di protezione dell’ambiente e dell’ecosistema- di gestione e controllo del patrimonio faunistico e di cautela per i terzi.

mv

Come si spostano gli animali in Italia a causa del clima

«Le cicale sono soltanto una delle numerose specie di insetti e animali che, come l’uomo, tentano di adattarsi al cambiamento climatico; alcune fuggono dal caldo anomalo, altre lo sfruttano per estendere il proprio habitat, con conseguenze negative sia dal punto di vista ecologico (minor biodiversità) che sanitario (portatori di patogeni). Se in passato gli effetti delle introduzioni di specie aliene in Europa da parte dell’uomo venivano in gran parte limitati dal freddo, oggi questa capacità di contenimento si è notevolmente ridotta. Per tanti tipi di piante e animali invasivi che sfruttano il caldo a loro vantaggio, ci sono altrettante specie autoctone che vedono il loro habitat ridursi, al punto da essere costrette a spostarsi verso regioni più fredde. Succede anche a noi»

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Ermellino bianco su prato verde senza neve (Epa/Karl-Josef Hildebrand/ansa)
Ermellino bianco su prato verde senza neve (Epa/Karl-Josef Hildebrand/ansa)

Agosto 2017, fa un gran caldo in tutta Italia e molte zone registrano una preoccupante carenza d’acqua. Spossato dalla calura e intristito dagli alberi precocemente ingialliti dalla siccità, decido di cercare frescura in montagna. Con un amico optiamo per il monte Falterona, sull’Appennino tosco-romagnolo, zona nota per la ricchezza delle sue foreste, per la bellezza dei suoi paesaggi e per il clima gradevole anche in piena estate. Salendo di quota il caldo si attenua, ma la sensazione è quella che sia davvero eccessivo anche per quelle altitudini. Arrivati a circa 1.550 metri il silenzio dei faggi e degli abeti viene spezzato dal frinìo di una cicala; quel canto, così anomalo per quell’ambiente, ci lascia talmente increduli che decidiamo di registrarlo.

Anche l’insetto più rappresentativo delle estati mediterranee ha deciso di puntare in alto, ma non per sfuggire al caldo, bensì per seguirlo ben oltre i limiti entro i quali la natura lo aveva confinato. Le cicale, infatti, come molti altri insetti, sono creature termosensibili e ampliano o riducono il loro areale, la superficie abitata da una specie, anche in base alle condizioni climatiche. Quella dell’estate 2017 è stata la mia prima, personale, testimonianza della presenza di cicale in montagna; un fatto che ormai si ripete ogni estate diventando una consuetudine a cui non facciamo quasi più caso. Nell’estate del 2023 l’inconfondibile “canto” della cicala è stato documentato anche sul monte Baldo, tra Trentino e Veneto, a 1.700 metri di quota, mentre nell’agosto 2024 ha riecheggiato sui crinali più elevati dell’Appennino pistoiese.

Le cicale sono soltanto una delle numerose specie di insetti e animali che, come l’uomo, tentano di adattarsi al cambiamento climatico; alcune fuggono dal caldo anomalo, altre lo sfruttano per estendere il proprio habitat, con conseguenze negative sia dal punto di vista ecologico (minor biodiversità) che sanitario (portatori di patogeni). A causa del cambiamento climatico alcuni tipi di zecche, note per essere vettori di malattie anche gravi,  stanno espandendo sia il loro areale, sia la stagione in cui riescono a parassitare gli ospiti. Dato che non tutti gli animali che colonizzano gli spazi resi disponibili da questo innaturale innalzamento delle temperature sono “buoni”, molti possono risultare estremamente competitivi e soprattutto molto dannosi per l’ecosistema. Non è certo il caso del geco, un “invasore” simpatico e innocuo, anch’esso diventato presenza costante in zone d’Italia dove fino a 20 anni fa non esisteva, come per esempio la Val Padana, le montagne del Carso, o le zone collinari interne dell’Italia centrale.

Decisamente pericolose per gli equilibri ecosistemici, invece, sono le specie marine che dal mar Rosso si spingono nel Mediterraneo, trovando, contrariamente a quanto succedeva in passato, un ambiente favorevole per la loro diffusione.

Giulio Betti

FONTE