La leucemia felina è causata da un virus che colpisce i gatti, ed è una malattia infettiva che può causare problematiche oncologiche e altre patologie importanti1.
La leucemia felina può compromettere seriamente anche il sistema immunitario dei nostri piccoli amici, rendendoli più vulnerabili alle infezioni.
Ma qual è la cura per questa malattia? Esiste un vaccino per la leucemia felina?? In questo articolo troverai una risposta a queste domande e anche altro.
La leucemia felina è contagiosa?
La leucemia felina si può trasmettere da gatto a gatto attraverso il sangue, la saliva, le secrezioni nasali, le lacrime, il latte, l’urina e altri fluidi corporei.
Generalmente, i gatti trasmettono questa malattia attraverso le ferite da morso, e anche dal leccarsi l’un altro. Mamma gatta può infettare i suoi cuccioli sia in utero sia durante l’allattamento. La contaminazione attraverso cibo e acqua è molto meno frequente2.
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Abbiamo preparato una speciale “Guida Olistica per la Salute” in formato PDF, nel quale potrai trovare la risposta a quasi tutti i problemi che il tuo animale domestico potrebbe incontrare.
La leucemia felina può essere contratta più facilmente dai gatti di maggiore età. Ciò detto, tutti i nostri piccoli felini possono ammalarsi di questa patologia. Tuttavia, la buona notizia è che si tratta di un virus che non è molto resistente e non dura a lungo. Può essere eliminato anche semplicemente tramite una pulizia standard.
Gatti malati e immunodepressi è più facile che contraggano la leucemia felina.
Quali sono i sintomi della leucemia felina?
È importante sapere quali possono essere i sintomi della leucemia felina per intervenire in tempo e migliorare le aspettative di vita del nostro micio. Alcuni sintomi della leucemia felina sono:
Febbre;
Debolezza e affaticamento;
Mancanza di appetito;
Dimagrimento;
Anemia;
Difficoltà respiratorie;
Ingrossamento dei linfonodi;
Inoltre, la diminuzione dell’efficienza del sistema immunitario accresce la sensibilità del gatto nei confronti di infezioni virali e batteriche, che possono causare
Conati di vomito;
Diarrea cronica;
Itterizia;
Otite;
Malattie respiratorie;
Gravi lesioni cutanee;
Linfomi;
Patologie del sistema nervoso;
Occorre sottolineare che un micio risultato gatto positivo alla leucemia felina può non avere sintomi per mesi o anni, ed in seguito sviluppare la malattia.
Nelle fasi finali di questa malattia, i gatti possono avere anche più sintomi contemporaneamente. In ogni caso, consigliamo di affidarti ad un veterinario per capire lo stato di salute del tuo gatto e l’eventuale stato di avanzamento della malattia.
Sono disponibili diversi test per poter capire se il tuo gatto ha o meno la leucemia felina, ed è importante sottoporre gli animali al test per evitare che contagino altri animali.
Il test più comune è quello che verifica la presenza della proteina FeLV P27 in un campione di sangue. Si tratta di un test che richiede solamente una decina di minuti, e può essere utilizzato anche come prevenzione prima che il nostro amico mostri eventuali segni di malattia.
C’è un vaccino per la leucemia felina?
Si, esiste il vaccino per la leucemia felina3. Per utilizzarlo occorre considerare l’età dell’animale e anche quanto possa essere stato esposto al rischio di contagio.
Se il test FeLV P27 è stato negativo, allora è possibile provvedere alla vaccinazione del gatto; occorre ricordare però che il vaccino per la leucemia del gatto non ha il 100% di efficacia e in caso di richiamo occorre sempre effettuare il test FeLV.
Se invece il il test è risultato positivo, è necessario evitare di esporre l’animale al contatto con altri gatti.
C’è una cura per la leucemia felina?
Sfortunatamente, ad oggi non esiste una vera e propria cura per la leucemia felina, ma ci sono alcuni prodotti come Immune e Cat’s Claw che sono in grado di ridurne la sintomatologia.
È possibile prevenire la leucemia felina del gatto4. Per esempio, tenere i nostri animali in casa oppure farli uscire solamente con il guinzaglio, per ridurre al minimo le interazioni con gli altri felini.
È anche importante castrare i maschi giovani e sterilizzare le femmine che sono lasciate libere di uscire. Inoltre, se portiamo un altro gatto in famiglia, è necessario effettuare gli opportuni controlli per evitare che possa contagiare gli altri gatti di casa.
Mi chiamo Matea e sono una sostenitrice della salute olistica degli animali domestici. Amo la natura e gli animali sin da bambina e sono orgogliosa di prendermi cura dei nostri animali domestici. Tuttavia, il mio interesse per la salute olistica degli animali domestici è nato solo quando ho adottato la mia prima cagnolina che si chiamava Luna. Oggi, purtroppo, sempre più cani e gatti soffrono di diverse malattie. La mia Luna non faceva eccezione. Ha sofferto di malattie della pelle di natura allergica e di problemi di tosse canina Mi sono subito resa conto che la medicina veterinaria tradizionale non le forniva un aiuto sufficiente.
Nel libro della Genesi si racconta che Adamo ebbe il compito di assegnare i nomi agli animali (Gn 2:18-20) cosicché «nel modo in cui Adamo chiamò ogni animale, quello fu il suo nome». L’episodio si riferisce chiaramente alla questione filosofica dell’origine del linguaggio, ma nessuno si è chiesto: per quale motivo l’imposizione dei nomi riguardò gli animali, cioè gli esseri viventi, piuttosto che gli oggetti inanimati? Se interpretiamo il testo biblico in modo letterale, siamo indotti a pensare che l’uomo primitivo cominciò a parlare imitando il verso degli animali per affinità, essendo lui stesso un animale, ma con la capacità peculiare dell’imitazione.
Questa è l’interpretazione più banale, poi bisogna capire anche il significato allegorico. Come si sa, la Genesi contiene due diversi racconti della creazione, per altro in contraddizione fra loro, che sono solitamente considerati come il maldestro assemblaggio di fonti diverse secondo la cosiddetta “ipotesi documentale”. Questa è una teoria recente che ha la pretesa di valere come scientifica, ma se ci si pone dal punto di vista tradizionale, ciò che appare distorto dalla mentalità moderna, risulta invece perfettamente logico e coerente.
Secondo la Genesi: «Dio creò l’uomo a sua immagine». Ma Dio ha anche un’altra immagine speculare che è costituita dal mondo, poiché come recita l’Asclepio: cuius sunt imagines duae mundus et homo. Ora, poiché l’uomo e il mondo sono entrambe immagini di Dio, secondo diverse prospettive, essi si rispecchiano fra loro, essendo il mondo come un grande uomo e l’uomo come un piccolo mondo. Perciò l’uomo è detto anche microcosmo, cioè “piccolo mondo”, poiché le sue parti corrispondono a quelle del macrocosmo, cioè il “grande mondo”. Ebbene, se si tiene conto che anche la Genesi rispetta questa distinzione tradizionale, si vede chiaramente che i due racconti della creazione corrispondono rispettivamente al macrocosmo e al microcosmo. Infatti, il primo racconto si riferisce propriamente alla creazione del cosmo, mentre il secondo si occupa in modo specifico della creazione dell’uomo. Di conseguenza, tutto ciò che fa parte del secondo racconto della creazione, deve essere interpretato allegoricamente come riferito al microcosmo, cioè all’uomo. Per esempio gli animali rappresentano gli istinti e le sensazioni dell’anima umana. Invece, tutto ciò che fa parte del primo racconto della creazione, deve essere interpretato allegoricamente come riferito al macrocosmo, cioè alle leggi cosmologiche d’ordine generale.
Gli animali nel microcosmo
Secondo una certa tradizione gli animali devono essere interpretati, allegoricamente, come una rappresentazione degli istinti, delle pulsioni, dei desideri, delle sensazioni e dei sentimenti. Si chiamano dunque “animali” in quanto dotati di anima ovvero in quanto rappresentazioni dei moti dell’anima e dei tipi psicologici.
In generale l’uomo, come apice della creazione, riassume in sé tutte le facoltà dei gradi di esistenza inferiori, per cui l’anima umana risulta composta da tre diversi tipi di anime: l’anima vegetativa, tipica delle piante; l’anima sensibile, tipica degli animali; l’anima intellettiva, che è propria dell’uomo. San Tommaso d’Aquino le chiama rispettivamente: anima vegetabilis, anima sensibilis, anima rationalis. Questa tripartizione dell’anima è una sistemazione effettuata dalla Scolastica sulla base delle considerazioni espresse da Aristotele nel De anima: le piante hanno solamente la funzione nutritiva (θρεπτικόν) e generativa (γεννητικὸν); gli animali hanno anche gli appetiti (ὀρεκτικόν), la sensibilità (αἰσθητικόν) e la locomozione (κινητικὸν); l’uomo ha in aggiunta a tutte queste funzioni anche la facoltà intellettiva (διανοητικόν).
Sulla base di questa corrispondenza simbolica ed allegorica, le piante e gli animali rappresentano rispettivamente, nella Genesi, le funzioni dell’anima vegetativa e dell’anima sensibile, che è detta tale in quanto soggetta ai sensi. Filone di Alessandria lo dice chiaramente paragonando i sensi ad un branco di animali: «la natura ha fatto nascere insieme a ciascuno di noi una mandria e, in effetti, l’anima fa spuntare come da un’unica radice due germogli, di cui uno, lasciato assolutamente indiviso, è detto intelletto, mentre l’altro, diviso sei volte, consta di sette parti: i cinque sensi e i due organi della fonazione e della generazione. Ora, tutto questo gruppo, essendo privo di ragione, è stato paragonato a delle mandrie e pertanto, secondo una legge di natura, esso ha necessariamente bisogno di una guida proprio in quanto è una massa». L’intelletto ha il compito di governare i sensi e gli istinti come un pastore la sua mandria, altrimenti essi prendono il sopravvento e si disperdono: «in un modo del tutto analogo si comporta la mandria dei sensi, la quale, subito approfittando dell’indolenza e della trascuratezza dell’intelletto, riempitasi a dismisura di un eccesso di sensazioni, scuote il giogo e va allo sbando dovunque le capiti».
In definitiva, gli animali rappresentano nell’uomo gli istinti e le emozioni, perciò il racconto biblico dell’imposizione dei nomi agli animali, da parte di Adamo, deve essere inteso come denominazione ma anche come dominazione. L’uomo denomina gli animali in quanto loro padrone, ovvero distingue in sé le proprie emozioni per dominarle con la ragione. Dal punto di vista linguistico, ciò significa che l’uomo incominciò a parlare mediante le interiezioni, per esprimere le proprie emozioni che egli distingueva in analogia con i caratteri irrazionali dei diversi animali: indolente, aggressivo, subdolo, timido, etc. La tradizione cristiana medievale, interpretando moralmente l’allegoria, considera i versi degli animali come espressione delle diverse attitudini ed in particolare delle tendenze animalesche verso il vizio e il peccato: «l’avaro ulula come un lupo […] il lussurioso nitrisce come un cavallo […] il superbo ruggisce come un leone».
Gli animali nel macrocosmo
Gli stessi animali che nell’essere umano rappresentano gli istinti o le sensazioni, dal punto di vista cosmologico rappresentano i cicli cosmici ovvero le diverse fasi della manifestazione cosmica. Per rendersene conto basti considerare che tale concezione equivale chiaramente alla definizione dello zodiaco, in greco ζῳδιακός, cioè il grande circolo cosmico percorso dal sole durante l’anno, attraversando le dodici costellazioni poste sul piano dell’eclittica, associate alle dodici figure, per lo più di animali, che rappresentano le diverse fasi dell’anno solare: per esempio l’impetuosità dell’Ariete all’inizio di primavera, l’ardore del Leone nel pieno dell’estate, l’ambiguità del Capricorno nel punto di inversione del movimento del sole, ecc. In definitiva, ciò che nell’uomo sono gli istinti, i temperamenti o le tipologie caratteriali, rappresentati allegoricamente come animali, nel macrocosmo corrisponde alle tendenze naturali, alle stagioni, alle diverse fasi o forme dei cicli cosmici.
Pertanto, considerando nel libro della Genesi il primo racconto della creazione, possiamo notare che i diversi animali sono caratterizzati da specifici movimenti la cui forma rappresenta un particolare tipo di ciclo cosmico: i grandi cetacei che si muovono con moto oscillante sul piano verticale, per metà in emersione e per metà in immersione, rappresentano i grandi cicli cosmici di manifestazione e occultamento; i rettili che si muovono oscillando a destra e sinistra sul piano orizzontale, rappresentano i cicli armonici che alternano tendenze opposte, gli uccelli che muovono le ali in sincronia rappresentano i cicli evolutivi, i mammiferi che camminano con moto sospeso compiendo con gli arti delle traiettorie epicicloidali, rappresentano i cicli biologici e storici che sono soggetti a nascita, crescita, culmine, declino ed estinzione.
Origine del linguaggio
Dal punto di vista linguistico, il passo della Genesi in cui l’uomo denomina gli animali può essere interpretato in tre diversi modi:
L’uomo inventa i nomi per imitazione dei versi degli animali, perciò il linguaggio umano ha una origine onomatopeutica.
L’uomo attribuisce i nomi ai suoi istinti o sentimenti rappresentati allegoricamente sotto forma di animali, perciò il linguaggio deriva dalle cosiddette “interiezioni”.
L’uomo attribuisce i nomi agli archetipi cosmologici che sono alla base della manifestazione universale, perciò il linguaggio umano è la trasposizione del Logos divino che è il principio d’ordine dell’universo.
Ebbene, le prime due interpretazioni corrispondono effettivamente a teorie linguistiche proposte in particolare nel periodo dal XVIII sec. fino al XIX sec. Queste teorie sull’origine del linguaggio umano si focalizzarono sui fenomeni linguistici, di tipo imitativo, in cui la forma fonetica ha un legame diretto e naturale con il significato da essa indicato: le onomatopee e le interiezioni.
Tuttavia il celebre filologo Max Müller, le considerò come fenomeni linguistici marginali e li indicò ironicamente con dei termini infantili: «Per risolvere questo problema sono sorte due teorie che per brevità io chiamo teoria del bow-wow e teoria del pooh-pooh. Stando alla prima, le radici sono imitazioni dei suoni; in base alla seconda, sono delle interiezioni involontarie».
L’idea che il linguaggio si sia formato a partire dalle onomatopee non traspare negli autori antichi se non in forma velata. Secondo Erodoto, il faraone Psammetico I fece un crudele esperimento per stabilire quale fosse la lingua originaria dell’umanità, ovvero la lingua parlata dall’uomo per natura senza condizionamenti culturali. Allo scopo incaricò un pastore di allevare due neonati in mezzo al suo gregge, senza che nessuno potesse comunicare con loro. Dopo due anni il pastore riferì che la prima parola pronunciata dai bambini fu βεκός che in lingua frigia significa “pane”, perciò ne dedusse che i Frigi fossero più antichi degli Egiziani. Ora è altamente improbabile che gli Egiziani, così gelosi della loro millenaria antichità, abbiano ammesso che i Frigi fossero più antichi di loro, perciò si tratta di una di quelle tante “stupidaggini” che secondo lo stesso Erodoto i Greci raccontavano su Psammetico (Ἕλληνες δὲ λέγουσι ἄλλα τε μάταια πολλὰ). Il tono scherzoso della storiella si intuisce dal fatto che la prima parola pronunciata dai due bambini fosse βεκός, cioè chiaramente una imitazione del verso delle pecore o capre in mezzo alle quali erano vissuti, cioè behe, behek, da cui il nome del maschio della capra: Bock in tedesco, becco in italiano.
Nel 1730 Giambattista Vico ipotizzava che il linguaggio primitivo si fosse formato inizialmente a partire dalle onomatopee: «nello stesso tempo, che si formò il carattere di Giove, che fu il primo di tutti i pensieri umani gentileschi, incominciò parimente a formarsi la lingua articolata, con l’onomatopea, con la quale tuttavia osserviamo spiegarsi in gran parte i fanciulli: ed esso Giove fu da’ Latini detto dal fragor del tuono dapprima Jous; dal fischio del fulmine da’ Greci fu detto Ζεύς» .
Max Müller, invece, ridimensiona drasticamente il ruolo svolto dalle onomatopee: «La nostra obiezione è che, sebbene in ogni lingua vi siano dei nomi formati per mera imitazione dei suoni, tuttavia questi rappresentano una molto limitata porzione del nostro dizionario. Essi sono i giocattoli, non gli strumenti del linguaggio, e ogni tentativo di ridurre le parole più comuni ed utili alle radici imitative è destinato a fallire».
Anche Ferdinand de Saussure osserva: «Ci si potrebbe basare sulle onomatopee per dire che la scelta del significante non è sempre arbitraria. Ma esse non sono mai elementi organici di un sistema linguistico. Il loro numero è d’altra parte assai meno grande di quanto si creda […] non soltanto sono poco numerose, ma la loro scelta è già in qualche misura arbitraria, poiché non sono altro che l’imitazione approssimativa e già a metà convenzionale di certi rumori».
Come secondo meccanismo di formazione delle parole, dopo le onomatopee, Vico aveva preso in considerazione le interiezioni: «Seguitaron’ a formarsi le voci umane con l’interjezioni, che sono voci articolate dall’empito di violenti passioni, che ‘n tutte le lingue son monosillabiche. Onde non è fuori del verisimile, che da’ primi fulmini incominciata a destarsi negli huomini la maraviglia, nascesse la prima Interjezione da quella di Giove, formata con la voce pa, che poi restò raddoppiata pape; onde poi nacque a Giove il titolo di Padre degli huomini, e degli Dei».
Al che ribatte sempre Max Müller: «La nostra obiezione a questa teoria è la stessa che per la precedente. Non ci sono dubbi che in ogni lingua vi siano delle interiezioni, e che alcune di esse siano diventate tradizionali, e che siano entrate nella composizione delle parole. Ma queste interiezioni sono soltanto marginali rispetto al vero linguaggio. Il linguaggio comincia laddove finiscono le interiezioni».
Aggiunge Saussure: «Le esclamazioni, molto vicine alle onomatopee, danno luogo a osservazioni analoghe e sono altresì poco preoccupanti per la nostra tesi. Si è tentati di vedervi delle espressioni spontanee della realtà, dettate, per dir così, dalla natura. Ma per la maggior parte di esse si può negare che vi sia un legame necessario tra il significante e il significato. Basta confrontare a questo riguardo due lingue per vedere quanto tali espressioni variino da una lingua all’altra».
La teoria fonosemantica
Per lungo tempo, sia i sostenitori che i detrattori dell’ipotesi naturalista, hanno discusso unicamente sul caso specifico delle onomatopee e delle interiezioni, trascurando l’ipotesi di un criterio imitativo generale. Infine fu evidente che le onomatopee e le interiezioni non hanno i requisiti sufficienti per candidarsi come criterio universale di formazione delle parole, poiché hanno un ambito di applicazione molto limitato, differiscono sensibilmente da una lingua all’altra e hanno comunque un certo grado di arbitrarietà. Così, agli inizi del XX sec. la linguistica moderna pose termine alla disputa accettando il postulato di Ferdinand De Saussure: «il legame che unisce il significante al significato è arbitrario» .
Tuttavia se guardiamo a Platone, che per primo pose la questione, e a tutti gli autori che se ne sono occupati in forma esplicita, possiamo renderci conto che nessuno di essi ha mai preso nella minima considerazione né le onomatopee né le interiezioni. Secondo quanto scritto da Marin Mersenne, John Wallis, Gottfried Wilhelm von Leibniz, Charles de Brosses, etc. il valore fonosimbolico dei suoni vocali verte piuttosto su concetti di tipo geometrico e cinematico, quali ad esempio la grandezza, la lunghezza, il movimento, la stasi, la sottigliezza, la levigatezza, l’interiorità, la rotondità, etc. Studi ancor più recenti, per esempio di Köhler, Jakobson, Ohala, etc. hanno ribadito la connessione del fonosimbolismo con la geometria. Dalla concordanza dei vari autori possiamo desumere un principio generale per la fonosemantica: la correlazione fonosimbolica, tra il significante ed il significato, si basa sull’analogia di forma, descritta in termini geometrici, tra la rappresentazione esterna (voce) e la rappresentazione interna (idea).
Questo principio ci riporta al terzo modo di interpretare il mito linguistico della Genesi: Adamo assegna i nomi agli animali, cioè ai principi che governano il mondo, sulla base dell’analogia geometrica. Infatti, in ebraico egli chiama i grandi cetacei con il nome taninnim che deriva da nun, la vibrazione nasale che già presso gli egizi indicava il grande oceano cosmico, rappresentato come un serpente avvolto su se stesso che ispirò, nell’Egitto del periodo ellenistico, la figura alchemica dell’οὐροβόρος. Chiama invece il movimento dei rettili con il nome sherets dalla radice SH+R che secondo Fabre d’Olivet è «composta dai segni del movimento relativo e proprio, cioè circolare e rettilineo». Di conseguenza essa esprime l’idea di un movimento sinusoidale o elicoidale, cioè la risultante della composizione dei due moti circolare e rettilineo. Chiama gli uccelli con l’espressione chof ichofet, che si potrebbe tradurre approssimativamente come “i volatili che volano” ma l’ebraico usa con la combinazione dei suoni CH e F per indicare rispettivamente compressione ed espansione. Infine i mammiferi sono chiamati behemoth dalla radice B+H+M che indica, al contrario, una sequenza di espansione e contrazione. Tutti questi movimenti tipici delle diverse categorie di animali, denominati in modo fonosimbolico, rappresentano le diverse modalità di manifestazione sotto forma di cicli cosmici. Questo simbolismo, di tipo universale, si può ritrovare nelle diverse tradizioni, cosicché ad esempio i mammiferi a quattro zampe, così come i behemoth della Genesi, rappresentano la cicliclità epicicloidale anche nella tradizione indù in cui la legge (dharma) è rappresentata come un toro che si appoggia inizialmente su quattro zampe perdendo l’appoggio di una zampa ad ogni sottociclo, oppure nella tradizione dell’antico Egitto, in cui la costellazione del Carro maggiore era chiamata meskhetiu ed era rappresentata come la coscia di un toro con una sola gamba, come ad esempio nella tomba di Senmut e nel tempio di Dendera.
Come è avvenuta l’evoluzione della vita sulla Terra? Siamo abituati sempre a pensare al piccolo anfibio che muove i primi passi sulla terra ferma come principale esempio di evoluzione. Prima di arrivare agli eucarioti pluricellulari non sessili l’evoluzione è però passata per innumerevoli stadi biologici, dai primi procarioti unicellulari, fino ad oggi.
Prendiamo per dogma di fatto che le prime forme di vita siano comparse sulla Terra tra i 3.5 ed i 4 miliardi di anni fa. Il nostro pianeta possiede circa 4.5 x 109 anni; tuttavia, le rocce più antiche risalgono a poco meno di 4 miliardi di anni fa. I sedimenti di Isua in Groenlandia possiedono 3.8 miliardi di anni, i sedimenti di Akilia sempre in Groenlandia possiedono 3.85 miliardi di anni ed i sedimenti di Pilbara in Australia si stima abbiano tra i 3.5 ed i 3.4 miliardi di anni. I primi organismi sono quindi comparsi presumibilmente intorno ai 3.5 e 4 miliardi di anni fa. Le prime tracce indirette della vita sono infatti state ritrovate sulle rocce di Isua e testimoniano la presenza di elementi chimici che sono stati modificati da possibili forme di vita.
Il più antico gruppo animale che abbia fatto la sua comparsa sulla Terra è quello degli ctenofori, piccoli animali marini gelatinosi e trasparenti, affini alle meduse. La dickinsonia, il primo animale del mondo, appartiene ad un periodo storico iniziato non meno di 635 milioni di anni fa.
Ma i primi animali a camminare sulla terraferma furono gli artropodi come scorpioni, millepiedi, ragni. I primi organismi viventi furono batteri unicellulari e alghe azzurre: la loro cellula molto semplice e senza nucleo è chiamata procariota.
Quali esseri viventi hanno l’origine più antica?
L’essere vivente più antico della Terra è Methuselah, un pino a pigne setolose(Pinus longaeva) scoperto nel 1955. Secondo le stime più recenti ha 4.767 anni, non potevamo certo dimenticarci di lui, visto che alberi e animali costituiscono la ricchezza dell’uomo.
Proprio come per gli esseri umani, anche un cane può avere la forfora, che può essere associata a prurito e a perdita di pelo.
La forfora nel cane potrebbe essere il sintomo di molte e diverse malattie, alcune anche gravi, come la leishmaniosi1; vediamo insieme che cos’è la forfora del cane, da cosa può essere causata e i possibili rimedi.
Cos’è la forfora del cane?
La forfora è la formazione di cellule morte sul pelo del cane2. In base al colore della pelliccia, può essere piuttosto difficile vedere le scaglie, ma spesso sono evidenti quando il cane scende dal divano o mette la testa in braccio.
La pelle del cane può subire irritazioni in molti modi. La causa della forfora del cane può non essere facile da identificare, e può dipendere da numerosi fattori. Anche il leccarsi esageratamente, oppure un problema alimentare, possono causare la desquamazione della cute di Fido.
Possibili cause della forfora del cane
Ci sono diversi motivi che possono causare questa condizione. Una di questa è la seborrea, un disturbo dermatologico che comporta un’eccessiva produzione di sebo e che causa una pelle squamosa e arrossata3.
Anche l’allergia è tra le cause della forfora nei cani. Si tratta della dermatite allergica, che si manifesta proprio con problemi cutanei. I cani allergici di solito hanno la pelle secca e squamosa, infezioni croniche alle orecchie e alla pelle e possono leccarsi continuamente le zampe.
Per scoprire a cosa è allergico un cane, il nostro consiglio è di rivolgersi a un veterinario, che potrà effettuare un test per le allergie ambientali.
Le infezioni batteriche e fungine debilitano sensibilmente la pelle e le impediscono di svolgere la sua funzione protettiva. Il più delle volte provocano macchie, ma in alcuni casi possono causare desquamazione e forfora.
Se l’animale vive in una zona molto asciutta, oppure in casa, e il riscaldamento dell’ambiente è eccessivo, l’aria secca può causare la forfora del cane.
Ci sono alcuni esami che il veterinario deve eseguire per diagnosticare correttamente la forfora del cane. Ad esempio, è necessario un esame fisico, come l’esame della pelle e il controllo della perdita di pelo, del cattivo odore o dell’untuosità della pelle.
Se il cane presenta bolle, brufoli o altre protuberanze, probabilmente si tratta di un’infezione batterica. Al contrario, se si nota uno scolorimento della pelle, potrebbe essere il sintomo di un’irritazione cronica della pelle.
Il veterinario può anche eseguire un test ormonale, una coltura cutanea o una biopsia cutanea. In questo modo, sarà in grado di capire al meglio quali sono le cause che portano alla forfora del cane anche in assenza di prurito.
Come eliminare la forfora del cane
Come si tratta la forfora del cane? Il nostro primo consiglio è quello di evitare gli allergeni. Ciò significa che anche l’alimentazione può essere causa della forfora del cane. Potresti provare a scegliere cibi a facile assimilazione come Procare Skin Coat Grainfree.
Nel caso in cui il tuo cane soffra di allergie ambientali, dovresti pulirlo per bene per poter rimuovere la polvere dall’ambiente in cui vive, e lavare spesso anche la sua cuccia.
Anche un bagno fatto male è una delle cause della forfora nei cani. Ecco perché essere attenti alla pulizia tuo amico a quattro zampe, gli permetterà anche una certa forma di protezione dalle infezioni.
Quindi, sia che lo lavi in casa oppure in un luogo ad hoc, il nostro suggerimento è quello di evitare shampoo troppo irritanti. Ad esempio, Sensitive Shampoo è un prodotto perfetto per lavare il tuo cane al meglio.
Nel caso avessi bisogno di un’alternativa per poter alleviare il disagio del tuo animale, potresti usare un prodotto come Haut Fell Spray.
Infine, anche lo stress4 può causare la forfora del cane. Le cause più comuni di stress nei cani possono essere, per esempio, forti rumori, fuochi artificiali, temporali.
Anche una variazione della situazione familiare, come ad esempio un trasloco, un soggiorno in una pensione per cani, o un cambiamento dei componenti il gruppo familiare, può essere fonte di stress per i nostri amici pelosi.
Mi chiamo Matea e sono una sostenitrice della salute olistica degli animali domestici. Amo la natura e gli animali sin da bambina e sono orgogliosa di prendermi cura dei nostri animali domestici. Tuttavia, il mio interesse per la salute olistica degli animali domestici è nato solo quando ho adottato la mia prima cagnolina che si chiamava Luna. Oggi, purtroppo, sempre più cani e gatti soffrono di diverse malattie. La mia Luna non faceva eccezione. Ha sofferto di malattie della pelle di natura allergica e di problemi di tosse canina Mi sono subito resa conto che la medicina veterinaria tradizionale non le forniva un aiuto sufficiente.
Sì è concluso stamane nella sala conferenze della vecchia fornace di Cantalupo nel Sannio, l’incontro scientifico organizzato dall’Ordine deiMedici Veterinari di Campobasso, nell’ambito del cartellone della Festa del Pastore di Roccamandolfi.
Si parlato della Politica Agricola Comune, la Classyfarm ed il livello d’incidenza delle infezioni del mondo animale all’uomo. Argomenti sviscerati dal professore, Vincenzo Caporale, medico veterinario ed ex direttore dell’IstitutoZooprofilattico Sperimentale di Abruzzo e Molise.
Se è vero che sia importantissima l’azione di monitoraggio degli operatori sanitari delle Asl su tutta la filiera (produttore – consumatore), d’altro canto è essenziale la corretta gestione degli allevatori nella conduzione delle aziende zootecniche.
Ma in Molise non esistono particolari criticità.
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