Non solo si pensava fossero impenetrabili, ma c’è chi addirittura rifiutava l’idea che potessero sognare. Invece lo fanno, ciascuno diversamente, con una creatività eccezionale. Un ricercatore di San Francisco ce li ha raccontati come nessuno ha mai fatto
ui sogni degli animali e i possibili mondi immaginari dei nostri coinquilini del pianeta Terra ci interroghiamo dall’alba dei tempi. Per tale motivo, è davvero curioso pensare che la prima pubblicazione scientifica moderna, dedicata al sogno animale, risalga appena al 2020.
L’articolo in questione Do all mammals dream?, apparso sul Journal of Comparative Neurology, si distingue nello specifico per l’utilizzo delle parole «sogno» e «sognare», in riferimento agli animali. Fino ad allora, gli stessi esperti, quando si trattava di esseri viventi non umani, si erano rifiutati di utilizzare il comune linguaggio dei sogni, preferendo al suo posto termini come «replay mentale» o «attività oniriche».
Esseri capaci di provare emozioni
Accecati come siamo da una visione antropocentrica, non abbiamo voluto vedere quello che era davanti i nostri occhi da tempo. Gli animali sognano, hanno una coscienza, sono creature autonome dotate di sentimenti propri.
A farlo notare è David M. Peña Guzman, professore associato di Storia e filosofia della scienza alla San Francisco University, nel saggio Quando gli animali sognano (il Saggiatore, pagg. 272 € 23), scritto attraverso una duplice indagine di ricerca, scientifica e filosofica, sul mondo interiore delle altre specie
I suoi studi ci portano letteralmente alla scoperta della sfera emotiva più segreta degli animali, perché anche loro ne hanno una da conoscere e decifrare. Del resto, dal Talmud sappiamo che: «Un sogno non interpretato è come una lettera mai letta».
Il sogno può definirsi la prova concreta che anche gli animali hanno una coscienza?
«Sì. I sogni, per definizione, sono un evento cosciente, affermare l’incontrario sarebbe difficile. Ritengo impossibile fare un sogno ed essere completamente inconsapevoli mentre sta accadendo. Puoi dimenticare un sogno quando ti svegli, ma questa è un’altra storia. Sono convinto che gli animali abbiano una coscienza, inoltre, a conferma, esistono buone evidenze dalle neuroscienze».
Quali sono le somiglianze tra il sogno umano e quello animale?
«Una è il fatto stesso di sognare, di creare realtà alternative nella nostra mente, pur avendo cicli di sonno e bisogni biologici molto diversi. L’altra, è che come noi, molti animali sognano principalmente il passato. Questo ci dice molto sulla memoria, capacità cognitiva che permette all’animale di conservare il passato nel presente e di richiamarlo nell’atto di sognare. Inoltre, come alcuni animali, sogniamo anche eventi mai accaduti, che immaginiamo, inventiamo o desideriamo».
Quale animale fa dei sogni così creativi, orientati al futuro?
«I ratti. Possono sognare cose che non hanno mai sperimentato prima, perché sono in grado di sintetizzare le informazioni proprio come noi. È un dato davvero importante perché ci dice che anche gli animali hanno desideri, in grado di proiettare, anche quando non sono ancora stati realizzati».
I ratti, lei scrive, fanno dei sogni di tipo tattile. Che cosa significa?
«Si affidano al senso del tatto molto più degli esseri umani. Sono creature incredibilmente tattili. I loro baffi servono a percepire lo spazio e sono altamente sensibili. Le loro zampe hanno molti recettori sensoriali, perché spesso si trovano in spazi bui, dove devono navigare attraverso il tatto. Dovremmo perciò aspettarci che forse il sogno di un ratto sarà molto più tattile che potenzialmente visivo, di conseguenza diverso da noi e da altre specie animali».
Dalle sue parole si comprende l’importanza di prendere atto che ogni specie sogna in differenti modi.
«Il sogno di ogni creatura riflette letteralmente l’animale che è: dipende dalla loro anatomia, se volano o nuotano, dalle loro esperienze passate e da moltissimi altri fattori. Noi siamo esseri viventi altamente visivi, quindi non sorprende che la maggior parte della gente parli di sogni di tipo visivo. Molto raramente gli esseri umani riferiscono di sensazioni tattili o ancora meno di odori. Succede, ma è molto raro».
I sogni possono trasformarsi anche in incubi, come in quelli degli elefanti.
«Emotivamente parlando, è stata la parte più difficile del libro. Il materiale che ho trovato era profondamente inquietante. Nei branchi degli elefanti la figura della madre, soprattutto della madre anziana è fondamentale. Sfortunatamente, ci sono bracconieri che inseguono i più vecchi perché hanno le zanne più lunghe, per il commercio dell’avorio. E così uccidono le madri, spesso in modi molto brutali e orribili di fronte ai loro cuccioli, senza naturalmente preoccuparsi di separarli prima».
Come affrontano il trauma?
«Gli elefanti sono noti per avere una forte memoria. Immagazzinano questi eventi traumatici, nel loro corpo e nella loro mente, sviluppando quello che è noto come DPTS, disturbo post traumatico da stress, da elefante. Una delle conseguenze, che è anche il caso del DPTS umano, è che gli elefanti sperimentano incubi DPTS, così potenti che li svegliano nel bel mezzo del ciclo del sonno. Questi incubi sono cronici, il che significa che vengono attaccati ogni notte quando vanno a dormire. Rivivendo quelle orribili scene, diventa per loro una tortura mentale. Poi, è anche un problema fisiologico, in quanto sono sistematicamente privati del sonno. Molti diventano clinicamente depressi. Inoltre, poiché orfani, essendo giovani elefanti, le loro possibilità di sopravvivenza precipitano. Tanti non ce la fanno, perché hanno perso quell’ancora culturale nella madre e perché soffrono enormemente di questi incubi patologici cronici».
I nostri animali domestici invece?
«Ad esempio, i cani sognano l’umano che se n’è andato, i vicini che vedono nella quotidianità, ma anche incubi di quando sono stati attaccati da un altro animale, tutti aspetti della vita che modellano la loro esperienza. I sogni degli animali domestici dipendono sempre dalla specie: quelli dei cani saranno perciò molto diversi da quelli dei gatti».
Gli uccelli zebra, lei racconta, fanno sogni canterini
«I fringuelli zebra, chiamati anche diamantini australiani, sono molto studiati a causa del loro canto, su come lo imparano e lo trasmettono agli altri. In alcuni uccelli è completamente genetico, nascono con la melodia scaricata nel loro sistema nervoso dai geni. Per questi fringuelli invece, non è genetico, lo imparano nel corso della loro vita, nello stesso modo in cui noi impariamo la musica, esercitandosi e facendo anche errori».
Il nesso col sognare, qual è?
«Che la pratica del canto avviene probabilmente anche quando sognano. Una ricerca che ho trovato sbalorditiva è che quando entrano nella loro versione del sonno REM, emerge la stessa firma neurale di quando si esercitano con la loro canzone».
Quindi un sogno di tipo uditivo, musicale?
«Esatto. Nel loro ambiente non c’è suono, stanno dormendo, eppure il loro cervello pensa di sentire qualcosa. Mentre ripercorrono la canzone nella loro mente, eseguono anche i movimenti alla gola, gli stessi che avrebbero bisogno di eseguire se fossero svegli per generare quei suoni esatti. Questo che vi dico, fa parte di una nuova ricerca emersa dopo la pubblicazione del libro».
Vale solo per questi uccelli?
«Lo applicherei agli uccelli canori, che devono esercitarsi nel loro canto. Sfortunatamente, non ci sono molte ricerche sul sogno degli uccelli. L’aquila, vista l’altissima capacità visiva, forse non avrà sogni musicali, non essendo un uccello canoro, magari sogna di cacciare, mentre un fringuello zebra sogna di cantare e di trovare un compagno, che è proprio quello che fa un fringuello».
Veramente appassionante. Per finire, cosa vorrebbe dire ai nostri lettori?
«Spero che conoscendo meglio la vita interiore degli animali, si possa innescare nelle persone dei cambiamenti nel modo di trattarli. Ritengo ci sia una forte connessione tra queste ricerche filosofiche e scientifiche e le questioni di etica animale. Questo mio lavoro è spinto dal desiderio di creare quel legame. Questa è l’unica cosa che aggiungerei. Ciò che mi ha spinto ad impegnarmi in questa ricerca, nasce da queste motivazioni».
Lascia un commento