Permessi retribuiti per la cura di animali domestici: esistono in Italia?

In un mondo in cui gli animali domestici sono diventati parte integrante delle nostre vite, è importante capire quali siano i diritti dei loro proprietari in caso di emergenze o situazioni delicate. Tra esperienze di vita reale, come il caso di una signora italiana e le innovative politiche delle aziende americane, scopriamo a che punto è l’Italia nel riconoscere il valore del legame tra esseri umani e animali, e cosa resta da faredi 

Pietro Santini

In Italia ci sono più di 65 milioni di animali domestici, di cui 10 milioni di gatti e 9 milioni di cani. Il calo delle natalità che caratterizza il nostro Paese è inversamente proporzionale all’aumento del numero di pet, ormai considerati parte integrante della famiglia.

Anche la spesa pro capite per i propri animali aumenta di anno in anno e supera i 1000 euro, tra prodotti per l’alimentazione e per la cura, giochi, accessori, spese veterinarie e formazione. Eppure, in uno scenario di questo tipo, in cui cani e gatti ricoprono un ruolo centrale, ci troviamo ad affrontare un buco legislativo che non permette ai pet owner di poter richiedere permessi retribuiti per la cura di animali domestici in caso di bisogno. O forse sì?

Permesso per portare il cane dal veterinario

I dipendenti pubblici o privati in Italia hanno il diritto di assentarsi dal lavoro senza rinunciare alla retribuzione in caso di gravi problemi familiari, lutto, visite mediche, concorsi ed esami, oltre ad altri casi speciali, normati dalla già nota legge 104.

La stessa prerogativa, però, non viene riconosciuta ai proprietari di animali domestici che, in caso di necessità, possono prendere una pausa dagli obblighi lavorativi per assistere i propri pet ma non hanno accesso al permesso retribuito.

Una proposta di legge del 2008 prevede di estendere questo diritto anche ai proprietari di animali domestici, ma non è mai stata approvata. L’onorevole Michela Vittoria Brambilla ci ha provato nel 2022, ma i suoi tentativi non hanno avuto successo. Il gap nella legge italiana è presente e, soprattutto oggi che i pet sono diventati “i nuovi figli”, risulta più che mai evidente.

Se da un lato fornire assistenza al proprio cane non è considerato un motivo valido per assentarsi dal lavoro, o per lo meno non si ha la garanzia di percepire comunque lo stipendio durante il periodo di assenza, dall’altro lato per la legge italiana è ben chiaro il fatto che, chi non presta le cure agli animali è passibile di un’ammenda che va da 1.000 a 10.000 euro e rischia fino ad un anno di reclusione, dato che il maltrattamento di animali è (giustamente) considerato un reato penale.

In aiuto dei proprietari di animali domestici arriva però un caso importante, un precedente in cui la Corte di Cassazione conferisce a sorpresa il diritto di ottenere un permesso retribuito per portare il cane dal veterinario a una signora che lottava contro il tempo (e contro il datore di lavoro). 

In questo caso è servito l’intervento dei legali della LAV (Lega Anti Vivisezione) per dimostrare che la donna non disponeva di nessun altro aiuto per assistere il proprio quattrozampe, poi operato d’urgenza, e che allo stesso tempo sarebbe incappata nel reato di maltrattamento di animali qualora non avesse assistito il pet in un momento di emergenza.

Questa situazione crea per fortuna un precedente che può essere ripreso per esercitare un proprio diritto, sebbene sia necessario dimostrare la gravità della situazione e il fatto di non disporre di altre soluzioni. Si tratta però di un notevole passo in avanti che permette di garantire il benessere degli animali da compagnia e di non privare i proprietari di diritti che al giorno d’oggi dovrebbero essere considerati basilari, come è già in altri Paesi del mondo.

Cos’è la Pawternity leave: il benefit americano per chi adotta un nuovo animale domestico

L’arrivo di un nuovo animale in famiglia è un avvenimento bellissimo, specie se si sceglie di adottarlo in un rifugio o in canile. Ogni pet owner sa benissimo, però, che i primi giorni in cui Fido o Micio entrano nelle nostre case sono sempre piuttosto difficili e movimentati: si dorme poco, aumentano le mansioni domestiche e c’è bisogno di tempo per ambientarsi e conoscersi a vicenda.

Ecco perché, nel 2018, molte aziende americane hanno introdotto il cosiddetto “Pawternity leave”, un permesso retribuito concesso ai neo-genitori… di animali domestici! Il gioco di parole che ha dato il nome a quello che è anche noto come “Pet leave” si basa proprio sul concetto di maternità/paternità, mischiato con la parola zampa (paw in inglese).

Se noi italiani ci stupiamo di fronte a questa scelta delle aziende a stelle e strisce, vale la pena dire che dall’altra parte dell’oceano già da anni sono presenti svariate realtà lavorative pet friendly dove è possibile portare il proprio pet in ufficio ed evitare che trascorra intere giornate in solitudine. Il Pawternity leave sembra dunque la giusta conseguenza per chi aveva intrapreso questa strada qualche anno fa.

Naturalmente il Pawternity leave può essere richiesto anche in caso di emergenze, qualora il proprio pet necessiti di visite o interventi urgenti, oppure si applica anche nella triste situazione in cui un quattrozampe venga a mancare.

Tuttavia ci sono stati anche casi in cui il Pawternity leave non è stato applicato, soprattutto lontano dalla moderna New York o dai grandi centri abitati.

Un esempio noto è il caso di una ragazza texana, diventato virale su TikTok. La giovane donna aveva chiesto un permesso per elaborare il lutto per la morte del suo cane, ma il suo datore di lavoro glielo aveva negato. Disperata, la ragazza ha preferito dimettersi.

Ci sono momenti in cui le esigenze familiari, e questo include ovviamente anche gli animali domestici, diventano più importanti del lavoro. Spetta prima alle istituzioni e poi ai datori di lavoro riconoscere questi momenti, garantendo a chi ha realmente necessità di permessi per portare il cane dal veterinario o assistere un gatto in difficoltà, di farlo senza subire ripercussioni sul lavoro.

Se in altri Paesi questi diritti sono stati riconosciuti, in Italia la strada è ancora lunga, ma il traguardo non è impossibile. Chi necessita di permessi retribuiti per la cura di animali domestici può farne richiesta, forte di un precedente importante. Quello che manca è una vera e propria legge che permetta di colmare un vuoto non più accettabile.

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