La salute dell’uomo dipende dal benessere degli animali

Francesco Origgi, direttore dell’Istituto di microbiologia della SUPSI, racconta il lavoro prezioso svolto a Mendrisio

Mauro Spignesi

In inglese è One Health. Ed è un concetto semplice: se gli animali sono sani e se l’ambiente sta bene, i rischi per la salute dell’uomo diminuiscono. «Perché i tre mondi (animale, natura e uomo) sono strettamente interconnessi e non è possibile affrontare le sfide che abbiamo davanti senza tenere in considerazione questo approccio interdisciplinare», spiega il professor Francesco Origgi, direttore dell’Istituto microbiologia in seno al Dipartimento ambiente e costruzioni della SUPSI.

Origgi, microbiologo e patologo veterinario, ha lavorato per 14 anni a Berna (dove ha insegnato, è anche ordinario di malattie infettive a Messina) e prima ancora all’Università della Florida, dove ha collaborato anche con la Disney Corporation (come patologo al Disney’s Animal Kingdom), ha firmato numerose pubblicazioni scientifiche e da marzo è a capo dell’istituto con sede nel Campus SUPSI di Mendrisio, il grande edificio dietro la stazione dove quando si entra si apre un mondo nuovo. «In effetti anche io sono rimasto sorpreso la prima volta che sono venuto qui per il colloquio», racconta nel suo ufficio di fronte ai laboratori dove i ricercatori si alternano tra provette e microscopi.

I viaggi turistici portano malattie

Quello che viene fatto a Mendrisio è un lavoro prezioso. Basta pensare alle ultime notizie che riguardano ad esempio la febbre dengue o il vaiolo delle scimmie, malattie causate da virus con origini lontane dai nostri territori, ma che adesso bussano letteralmente alle nostre porte. Anche da noi per effetto del cambiamento climatico e della tropicalizzazione molte specie, soprattutto insetti, hanno trovato un habitat in zone un tempo per loro «poco ospitali».

«Oggi un agente patogeno-infettivo – spiega Origgi – viaggia velocemente. Tante mete turistiche sono diventate accessibili a tutti. Basta che qualcuno vada in un paese straniero dove certi agenti e patologie sono endemici e contragga una malattia e quando torna venga punto da una zanzara (come quella tigre da tempo diffusa anche da noi) per mettere a rischio decine di persone. Il nostro compito quando scatta questo allarme è, in collaborazione con il medico cantonale, individuare la zona, eliminare puntualmente con trattamenti specifici le zanzare «locali», i «vettori», dunque impedire il diffondersi del virus e tenere la situazione sotto controllo».

La malaria in Centro America e le rane

Ecco perché il concetto One Health è importante. «Racconto un altro caso: in centro America – dice Origgi – era stato registrato un aumento significativo di casi di malaria. Alla fine si è capito che tutto era legato a un fungo che aveva provocato una strage di rane locali che si cibavano degli insetti. Senza di loro gli insetti si erano moltiplicati e avevano contribuito a veicolare l’agente responsabile della malattia. La natura è straordinaria, ma ha un suo preciso equilibrio che non va alterato». Invece il confine tra città e campagna è sempre più labile. «In Florida anni fa un uragano ha distrutto uno stabile dove venivano stoccati gli animali d’importazione. C’era di tutto. Molti sono fuggiti e poi si sono diffusi creando problemi».

Se pensiamo al Ticino vediamo che nei laghi ci sono specie mai viste in passato, come il pesce siluro. «Abbiamo – avverte Origgi – anche la presenza di tartarughe esotiche acquistate nelle fiere o nei negozi specializzati magari per accontentare i bambini e poi abbandonate. È una presenza che altera l’habitat acquatico e riduce le specie di tartarughe locali. Pensiamo, ancora, ai cinghiali molto diffusi e avvistati vicino ai centri abitati, possono diffondere malattie, come la peste suina».

Il lavoro sul fronte della Biosicurezza

Nel Laboratorio della SUPSI, che occupa una cinquantina di professionisti, si fa innanzitutto ricerca e si erogano importanti servizi per il territorio (molti docenti sono impegnati anche nell’insegnamento), con mandati cantonali e federali, si lavora con aziende locali, in cinque aree principali, articolate sempre con un approccio One Health in Dipartimenti e istituti: Biosicurezza, Biotecnologie ambientali, Ecologia dei vettori, Ecologia microbica e Igiene a ambiente. «La Biosicurezza – spiega il professor Origgi – si occupa del rischio biologico, che si può spiegare con il classico esempio del bioterrorismo, quando viene recapitata una busta con polvere sospetta che potrebbe essere un agente patogeno come l’antrace. In questo caso noi interveniamo su richiesta della Polizia con il nostro laboratorio di Bellinzona».

Per quanto riguarda l’Ecologia dei vettori, invece, viene monitorato il territorio e allestiti trattamenti specifici contro gli insetti che potrebbe diffondere malattie, come le zanzare tigre. È interessante il lavoro che viene svolto dall’area Ecologia microbica. «È la divisione che si occupa – spiega il direttore del Laboratorio – degli ambienti acquatici e di come i microrganismi che vi abitano interagiscono tra loro e l’ambiente. Ad esempio studiamo il Lago di Cadagno dove è presente la stazione scientifica gestita dalla Fondazione Centro Biologia Alpina (CBA). Cadagno è un lago “meromittico” dove l’acqua si stratifica in compartimenti che non si mischiano tra loro e questo ambiente unico consente la sopravvivenza di organismi primordiali, è dunque molto particolare come è stato spiegato in un video di TED-ed, con milioni di visualizzazioni».

La divisione Igiene e ambiente, inoltre, lavora sull’identificazione di microrganismi che vengono isolati in realtà diverse e, altra attività, studia la resistenza agli antibiotici in ambito ambientale che include l’analisi delle acque. Infine, ecco la Divisione di Biotecnologia, che collabora con l’industria per il trattamento delle acque reflue e l’ottenimento di biogas dalle biomasse. «Ma non solo – precisa Origgi – perché grazie a mandati privati mandiamo avanti interessanti progetti legati all’energia e alla farmaceutica».

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