In che modo alcuni minuscoli animali sono stati capaci di evitare la propria estinzione?

I tardigradi sono riusciti a resistere a disastri naturali – che hanno portato all’estinzione di altre specie – grazie alla criptobiosi: l’interruzione temporanea e quasi completa dei processi corporei.

I tardigradi moderni (Milnesium sp. in figura) sono noti per le loro capacità di sopravvivenza, ma questi animali compaiono raramente nella documentazione fossile.

FOTOGRAFIA DI Ruben Duro / SCIENCE PHOTO LIBRARY (MICROGRAFIA)

I tardigradi sono dei sopravvissuti. Per oltre 500 milioni di anni queste creature microscopiche si sono diffuse su tutto il pianeta e hanno sopportato alcune delle condizioni più difficili che la Terra possa offrire. Ora una nuova analisi di antichi tardigradi conservati in un pezzo di ambra del Cretaceo non solo ha chiarito la cronologia della loro evoluzione, ma suggerisce come questi minuscoli animali siano stati in grado di sopravvivere a disastri che hanno portato altre forme di vita all’estinzione.

I minuscoli esseri sono rimasti intrappolati nella linfa degli alberi nel Canada preistorico tra 83 e 72 milioni di anni fa, quando i tirannosauri e i dinosauri cornuti si aggiravano nelle stesse foreste di conifere. Uno di questi tardigradi è una specie in cui i paleontologi si erano già imbattuti. Chiamato Beorn leggi, è la prima specie fossile mai scoperta dalla scienza. Ma Marc Mapalo, paleontologo di Harvard, e i suoi colleghi hanno trovato anche una seconda specie mai vista prima, Aerobius dactylus. I ricercatori le hanno dato un nome e l’hanno utilizzata, insieme ad altre poche specie antiche conosciute dalla scienza, per analizzare la storia evolutiva dei tardigradi in un articolo uscito su Communications Biology all’inizio di agosto.

Fossilizzati all’interno dell’antica resina arborea che forma l’odierna ambra, i due tardigradi attendevano da decenni di poter essere osservati. Quando lo descrissero per la prima volta nel 1964 i paleontologi riuscivano a distinguere a malapena il fossile di B. leggi nell’esemplare canadese. Ora, grazie a una migliore tecnologia di imaging, Mapalo e colleghi sono riusciti a ottenere un’immagine molto più dettagliata.

“Negli ultimi 60 anni molti studiosi di tardigradi si sono occupati di questi fossili, ma c’era un limite difficile da superare perché i tardigradi erano molto piccoli e un po’ oscurati dall’ambra”, dice Phil Barden, biologo del New Jersey Institute of Technology, che non ha partecipato al nuovo studio. Gli animali sono così piccoli, osserva, che i minuscoli artigli delle loro zampe sono larghi circa un decimo di un capello umano.

Solo l’ambra può conservare i tardigradi in modo così dettagliato. La rarità dei fossili di tardigradi, tuttavia, non è attribuibile solo alle loro piccole dimensioni. Sono pochi i paleontologi che studiano i tardigradi fossili, afferma Mapalo, sottolineando che alcuni colleghi restano sorpresi dallo scoprire che si conoscano dei tardigradi fossili. Le moderne tecniche di imaging possono aiutare ora gli esperti a estrarre nuove informazioni da campioni di ambra raccolti in passato.

Uno sguardo più approfondito

Mapalo e i suoi coautori si sono avvalsi di una tecnica chiamata microscopia a fluorescenza confocale per creare immagini ad alta risoluzione delle minuscole creature. Gli esperti hanno scoperto che le due specie fossili di tardigradi presenti nel campione di ambra non esistono più oggi, ma appartengono entrambe a famiglie di tardigradi ancora esistenti.

Confrontando i fossili canadesi e altri due rinvenuti nel New Jersey con i dati molecolari delle specie viventi, Mapalo e i suoi colleghi sono riusciti a stimare quando i tardigradi si sono evoluti e quando hanno acquisito una delle loro abilità più notevoli.

Molti tardigradi sono capaci di criptobiosi, un rallentamento temporaneo e quasi completo dei processi corporei. In questo stato di vita sospesa, le creature si liberano dell’acqua e si raggomitolano in palline. Oltre a trasportare una proteina che protegge il loro DNA dai danni, la capacità di “spegnersi” in attesa di condizioni migliori li ha aiutati a sopravvivere in ambienti estremi, persino nel vuoto dello spazio, e potrebbe aiutarli a resistere a una futura apocalisse.

Mapalo e colleghi propongono che almeno due grandi gruppi di tardigradi abbiano evoluto le loro capacità criptobiotiche in modo indipendente, uno acquisendo la criptobiosi tra 430 e 175 milioni di anni fa e un altro facendolo tra 382 e 175 milioni di anni fa. Altri fossili potrebbero aiutare a mettere a fuoco la tempistica esatta, ma i ricercatori fanno notare che questo arco di tempo preistorico è significativo perché comprende diverse estinzioni di massa. I tardigradi in grado di entrare in una forma di stasi fino a quando le condizioni non si fossero ristabilite sarebbero stati in grado di sopravvivere meglio alle cadute nei livelli di ossigeno, ai cambiamenti climatici e ad altre pressioni associate a questi disastri globali.

“Sapere quando la criptobiosi si è evoluta nei tardigradi può aiutarci a contestualizzare come e perché abbiano acquisito questo meccanismo”, spiega Mapalo. È probabile che i tardigradi si siano evoluti nei mari prima di diffondersi sulla terraferma. Le capacità criptobiotiche avrebbero questi animali a sopravvivere ai cambiamenti dei livelli di sale quando si sono spostati dal regno marino ad habitat pieni di muschi e licheni che si fondavano sull’acqua dolce.

Per stabilire con esattezza in che modo la criptobiosi abbia contribuito alla loro sopravvivenza e alla loro storia evolutiva saranno necessarie ulteriori ricerche. “È divertente immaginare la criptobiosi come una sorta di trucco magico che i tardigradi hanno usato per sfuggire all’estinzione”, dice Barden, ma fa notare che altri gruppi di invertebrati sono riusciti a sopravvivere alla catastrofe anche senza questa capacità.

Un maggior numero di tardigradi fossili aiuterà a verificare l’ipotesi che la criptobiosi abbia aiutato i tardigradi a sopravvivere alle estinzioni di massa, e nuove specie sono quasi certamente in attesa di essere scoperte. “Ogni volta che ne ho l’occasione, dico sempre a chi lavora con l’ambra di controllare se i loro campioni contengono tardigradi”, dice Mapalo. Barden è d’accordo. “Quasi certamente ci sono altri tardigradi fossili in attesa di essere scoperti nelle collezioni museali”, afferma, “probabilmente sepolti nell’ambra accanto a una mosca o a un coleottero relativamente gigantesco”.

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