Vaccinazioni per gli animali: quanto servono veramente?

Questo articolo è stato pubblicato da Matea.

I vaccini sono ormai una prassi molto comune nel campo veterinario e spesso li somministriamo ai nostri pelosetti senza dargli sufficiente peso o attenzione. In questo articolo cercheremo di spiegare con maggiori dettagli questo argomento sempre più discusso e controverso nel mondo scientifico, affinché possiate essere “armati” di informazioni qualora servissero.

I vaccini stimolano la produzione di anticorpi protettivi da parte dell’organismo, conferendogli una resistenza specifica nei confronti di una determinata malattia infettiva (virale, batterica, protozoaria).

vaccinazione del cane

Fu lo scienziato E. Jenner a scoprire le proprietà immunizzanti della vaccinazione,  dimostrando  che una lieve infezione prodotta dal virus del vaiolo vaccino poteva proteggere l’organismo dalla ben più grave infezione  prodotta dal virus del vaiolo umano.

Grazie alla sua grande scoperta e alla  conseguente introduzione nella prassi medica delle vaccinazioni con la produzione di vaccini specifici sia per gli uomini che per gli animali domestici, numerose malattie batteriche, ma soprattutto virali, sono state controllate se non addirittura eradicate.

Generalmente, le vaccinazioni prescritte per i cani sono quelle contro il cimurro (una grave malattia a carico dell’apparato respiratorio che colpisce soprattutto in giovane età)  le infezioni da CAV-1 e CAV-2 (due tipi di Adenovirus), il Parvovirus che causa la gastroenterite emorragica, l’epatite infettiva e la laringotracheite infettiva.

Per i gatti invece vi è la vaccinazione trivalente contro la rinotracheite, la calcivirosi e la gastroenterite virale.

I Rischi degli Effetti Collaterali del Vaccino

Come spesso accade, l’entusiasmo per le vaccinazioni ha fatto sì che si ricorresse all’uso di questo strumento forse in modo un po’ eccessivo anche per quanto riguarda cani e gatti, con vaccinazioni di routine e ricorrenti ogni anno.

Recentemente però si sono sentite da molte parti voci discordanti che spingono ad un uso più ponderato della vaccinazione.

Si è infatti cominciato a prestare attenzione a tutta una serie di sintomi più o meno gravi che vanno dalle eruzioni cutanee ai problemi comportamentali, ai disturbi cronici e addirittura ai danni a livello genetico (come scrive la dottoressa Patricia Jordan, autrice del libro “Vaccinosis: Hidden in plain sight”), che per molto tempo non sono stati collegati alla somministrazione dei vaccini, mentre possono essere considerati come reazioni avverse o conseguenze di un’alterazione o  “disregolazione” del sistema immunitario dovuta al numero eccessivo di vaccini somministrati.

Se infatti il sistema immunitario non funziona come dovrebbe, il nostro amico a quattro zampe può risultare maggiormente esposto ad un’ampia gamma di problemi di salute.

mercurio nel vaccino

Non dimentichiamo inoltre che nella composizione dei vaccini sono talvolta presenti ingredienti tossici come l’alluminio e il Thimerosal, un conservante che contiene mercurio, metallo nocivo per il sistema nervoso centrale e il sistema endocrino.

Sono dati su cui si tende generalmente a sorvolare; sono ancora pochi i veterinari che fanno firmare un consenso informato prima della vaccinazione, avvertendo i padroni di cani e gatti dei potenziali rischi presenti nella loro somministrazione, così come spesso nei foglietti illustrativi dei vaccini per animali sono omessi gli effetti e le reazioni collaterali che possono prodursi in occasione della vaccinazione.

Qual’è il Momento Giusto per Vaccinare?

Vaccinare il nostro cane o il nostro gatto significa agire sul loro sistema immunitario e condizionare almeno in parte la loro futura storia sanitaria. Non deve quindi essere un gesto di routine ma una scelta consapevole e ben ponderata.

Spiegando i pro e i contro delle vaccinazioni, il dottor Alessandro Prota insiste molto sul fatto che prima di somministrare il vaccino occorre verificare se il sistema immunitario dell’animale è pronto per riceverlo:

 se ha raggiunto una maturità sufficiente (vaccinare il cucciolo in età troppo precoce può infatti predisporlo all’alterazione del sistema immunitario);

 In secondo luogo e indipendentemente dall’età, se l’animale si trova in quel momento nelle condizioni ottimali per ricevere la vaccinazione.

vaccinazione del gatto

Una visita clinica accurata permette al veterinario di accertare se vi sono sintomi di un’alterazione del sistema immunitario (es: la presenza di arrossamenti, verminosi, congiuntivite cronica o altro) mentre l’esame dell’emocromo permette di valutare la percentuale dei neutrofili presenti nel sangue rispetto a quella dei linfociti.  

Un aumento del numero dei linfociti indica uno squilibrio nel sistema immunitario che può variare nel corso del tempo.  In questo caso occorre aspettare qualche settimana perché il sistema immunitario ritrovi il suo equilibrio e poi vaccinare il nostro amico nelle condizioni ottimali.                

Il veterinario Alessandro Prota ritiene inoltre che in determinate circostanze il pet non debba essere vaccinato, ad esempio se presenta un’allergia, una patologia autoimmune o qualunque disfunzione del sistema immunitario.

I Richiami di Vaccinazione

È consuetudine nel settore veterinario somministrare ai cani e ai gatti lo stesso vaccino più volte con cadenza annuale sotto forma di richiamo.

Ma anche riguardo a questa pratica, i pareri in ambiente scientifico sono discordi.
Il richiamo infatti viene solitamente somministrato senza avere preventivamente eseguito un test anticorpale che verifichi la presenza nell’organismo degli anticorpi dovuti alla precedente vaccinazione.

Se è vero che la durata dell’immunità per i vaccini contro rabbia, cimurro, parvovirosi, panleucopenia felina, rinotracheite felina e calicivirus felina è pari a sette anni, effettuare un richiamo annuale di questi vaccini può essere considerato inutile ai fini della prevenzione della malattia.

Inoltre, poiché il vaccino agisce sul sistema immunitario del nostro animale, la sua ripetizione può portare nel lungo periodo a delle alterazioni immunitarie (patologie autoimmuni).

Occorre tener conto anche delle reazioni del cane o del gatto alla vaccinazione. Se presenta delle reazioni eccessive come ad esempio la congiuntivite, la febbre alta o se si lamenta per parecchio tempo, è preferibile non effettuare il richiamo.

Fortunatamente una recente soluzione alternativa alle vaccinazioni, ancora poco conosciuta, è la omeoprofilassi, ovvero la vaccinazione omeopatica, che offre la stessa protezione dei vaccini classici, ma senza effetti collaterali. Contattare un veterinario omeopatico per maggiori informazioni.

Quando si parla di stato di salute del sistema immunitario, l’alimentazione rappresenta un aspetto fondamentale da considerare.

Alimentazione e Mantenimento della Salute 

La maggior parte dei cibi per cani e gatti ed in particolar modo le crocchette,   vengono cotte a temperature troppo elevate causando la degradazione della maggior parte dei nutrienti (vitamine e minerali) indispensabili per la salute degli animali.

Alcune sostanze rimangono indigerite caudando una situazione di malassorbimento e di infiammazione cronica.

Una valida alternativa per mantenere la salute dell’intestino dei nostri animali e ridurre l’infiammazione risiede nel cibo disidratato Pure che è di grado umano, non contiene allergeni ed è di facile digeribilità (la linea per gatti in arrivo nel 2017!).

La disidratazione conserva naturalmente il cibo, eliminando l’umidità pur mantenendo i nutrienti presenti nei cibi freschi e crudi senza alterarli.

La maggioranza degli animali che vivono in natura consumano una varietè di erbe. Le erbe officinali sono molto importanti per mantenere il benessere dell’organismo e hanno diverse azioni:

  1. azione drenante e disintossicante degli organi interni (fegato, reni, pelle e polmoni)
  2. azione rinvigorente ed energizzante
  3. azione preventiva sull’invecchiamento precoce (antiossidante).

La natura ci mette a disposizione delle erbe molto efficaci per depurare l’organismo senza causare effetti collaterali e proprio nel caso di vaccinazioni consigliamo vivamente di usare queste erbe per eliminare l’eccesso di metalli pesanti e qualsiasi altra sostanza irritante per l’animale.

fonte

Amate gli animali!

“Amate gli animali: Dio ha donato loro i rudimenti del pensiero e una gioia imperturbata. Non siate voi a turbarla, non li maltrattate, non privateli della loro gioia, non contrastate il pensiero divino. Uomo, non ti vantare di superiorità nei confronti degli animali: essi sono senza peccato, mentre tu, con tutta la tua grandezza, insozzi la terra con la tua comparsa su di essa, e lasci la tua orma putrida dietro di te; purtroppo questo è vero per quasi tutti noi !”

Tratto da “I fratelli Karamazov” di Fëdor Dostoevskij (1821-1881), scrittore e filosofo russo.

Gli animali hanno la coscienza? Cosa dicono gli scienziati

Rebecca Manzi

Gli scienziati sono concordi sul fatto che gli animali abbiano la coscienza: ci sono infatti numerose prove a riguardo e alcune Dichiarazioni lo sostengono

animali domestici

@tatyanagl/123rf

La questione della coscienza negli animali ha ricevuto recentemente un’importante attenzione scientifica negli ultimi anni. La coscienza è un concetto complesso e difficile da definire in modo univoco. Generalmente si riferisce alla capacità di un essere vivente di avere esperienze soggettive, che spaziano dalla percezione del mondo esterno alle riflessioni interne sui propri pensieri e sentimenti.

Recentemente, la rivista New Scientist ha descritto la coscienza come “qualsiasi tipo di esperienza soggettiva”, ma riconosce che non possiamo accedere direttamente alla mente di un altro essere per confermare queste esperienze.

Per valutare la coscienza negli animali, gli scienziati considerano cinque aspetti fondamentali: la sensibilità sensoriale, la capacità di discernere tra bene e male, l’integrazione delle informazioni sensoriali in un’esperienza coerente, l’influenza del passato sul comportamento attuale e il senso di individualità.

La Dichiarazione di New York sulla coscienza animale

Alcuni animali, come i corvi, dimostrano di apprendere dalle esperienze passate, mentre polpi e api sembrano provare piacere attraverso il gioco, suggerendo una certa esperienza cosciente. Ragionando su queste informazioni, oltre 300 scienziati hanno firmato una dichiarazione congiunta.

Questo documento, noto come Dichiarazione di New York sulla coscienza animale, offre un supporto significativo all’idea che anche gli animali possano possedere una forma di coscienza. Ma cosa implica questa affermazione e quali sono le basi scientifiche che la sostengono?

Uno dei test più noti per valutare la coscienza è il “test dello specchio”, che misura la capacità di un animale di riconoscere se stesso nel riflesso. Questo test ha mostrato risultati interessanti: mentre alcuni pesci hanno superato il test, altri animali come i cani non sembrano mostrare lo stesso livello di auto-riconoscimento.

La Dichiarazione di New York si basa su queste e altre osservazioni per sostenere che i mammiferi e gli uccelli possiedono una forma di esperienza cosciente, mentre pesci, anfibi, rettili e alcuni invertebrati potrebbero avere una coscienza a un livello più basilare. Questo supporto scientifico amplia il concetto di coscienza, riconoscendo che non siamo gli unici esseri viventi con esperienze soggettive e riflessioni interiori.

Il dibattito scientifico sull’argomento si era arricchito in precedenza con la Dichiarazione di Cambridge del 2012, che ha evidenziato come le strutture neurologiche necessarie per la coscienza non siano esclusive degli esseri umani. Così, alla luce di queste scoperte, è sempre più evidente che la coscienza non è una caratteristica unica dell’umanità, ma una qualità che potrebbe estendersi a molte altre forme di vita.

FONTE

Lav: «Quasi 2 milioni di animali uccisi in Italia dal 2019 al 2022 per fini sperimentali. La ricerca deve guardare all’Ue»

di Silvia Morosi 

Il report della Lega Antivivisezione dopo avere consultato i dati pubblicati in Gazzetta Ufficiale. Secondo le statistiche, ogni anno, in media, circa 482mila cani, conigli, maiali, scimmie o topi sono utilizzati per test di laboratorio

Lav: «Quasi 2 milioni di animali uccisi in Italia dal 2019 al 2022 per fini sperimentali. La ricerca deve guardare all'Ue»

Dal 2019 al 2022 sono quasi 2 milioni gli animali soppressi nei laboratori. È quanto emerge dai dati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n.158 del 08-07-2024 e visionati dalla Lega Antivivisezione. La media annuale continua a essere altissima e supera i 482mila individui utilizzati e uccisi per fini sperimentali. In particolare, si è passati da 548.933 animali nel 2019 – anno record – a 451.991 nel 2020, con una lieve flessione probabilmente legata all’emergenza Covid. Nel 2021 il numero ha nuovamente superato il mezzo milione, tornando a 512.296, mentre nel 2022 è sceso a 420.506.

Preoccupante il ricorso ai cani, specie particolarmente protetta e a cui si potrebbe ricorrere solo in condizioni eccezionali, con ben 2.323 cani uccisi dal 2019 al 2022 (qui la storia di Jordan, il beagle utilizzato nelle sperimentazioni farmaceutiche che ha trovato casa). Oltretutto tale specie è spesso utilizzata per test particolarmente invasivi di tossicologia, resistenza cardiaca e impianti o interventi dentali nelle ossa. Tali vincoli legali valgono anche per i primati, ma le statistiche mostrano come il numero di quelli sfruttati continui ad essere altissimo, nonostante non solo i limiti normativi, ma anche le comprovate vicinanze comportamentali con l’uomo: delle 1.579 scimmie impiegate nei test solo 16 provenivano da allevatori registrati in Unione europea, come richiesto dalla Direttiva dell’Unione europea, mentre tutti i restanti sono stati importati da Paesi poveri e noti per caccia illegale e devastazione delle aree boschive, come Asia e Africa e Sud-America.

Dei 1.933.726 animali uccisi ai fini della sperimentazione, solo il 28%, (691.014) è usato per fini regolatori, cioè per rispondere a obblighi di legge. Da questo importante dato la conferma di come si potrebbe, e dovrebbe, lavorare per un drastico numero di animali utilizzati nei laboratori. A essere inaccettabile, poi, prosegue la Lav, è la presenza di 5.017 animali ancora utilizzati per l’istruzione e la formazione, nonostante nel nostro Paese sia vietato utilizzare procedure didattiche su animali – in deroga solo per l’alta formazione universitaria – e sia vigente, già dal 1993, la legge sull’obiezione di coscienza alla sperimentazione animale. Infine, oltre il 50% degli animali viene impiegato per gli esperimenti più dolorosi, con sofferenza o angoscia intensi, come nel caso di fratture instabili, toracotomia senza somministrazione di analgesici, uso di gabbie metaboliche con limitazione grave del movimento per un lungo periodo, scosse elettriche o trapianti di organi con gravi effetti avversi dovuti al rigetto (tali esempi sono ripresi dal decreto stesso legiferante in materia). A questi numeri altissimi,  «si aggiungono rinnovi di progetti che sono dei semplici copia-incolla dei precedenti senza le adeguate valutazioni sul rapporto danno-beneficio: il risultato è un sistema che utilizza e uccide centinaia di migliaia di animali ogni anno, oltretutto per dati non predittivi, come dimostra il fatto che oltre il 95% della sperimentazione animale fallisce se applicata all’uomo. È urgente una transizione della ricerca biomedica verso tecnologie basate su modelli human-based, non solo per salvare gli animali, ma anche per comprendere e curare le malattie che affliggono l’uomo», dichiara Michela Kuan, responsabile scientifico area ricerca senza animali Lav, rinnovando l’appello alla ministra dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, per chiedere che almeno l’1% dei fondi stanziati dal Pnrr sia destinato allo sviluppo e all’implementazione di modelli animal-free, perché l’unica vera scienza è quella senza animali.

fonte